Termine di impugnazione delle delibere nelle S.r.l. e principio di parità sostanziale dei soci: i chiarimenti del Tribunale di Venezia

Termine di impugnazione delle delibere nelle S.r.l. e principio di parità sostanziale dei soci: i chiarimenti del Tribunale di Venezia
Una recente sentenza del Tribunale di Venezia (il “Tribunale”) offre una ricostruzione di particolare interesse in tema di decorrenza del termine d’impugnazione delle deliberazioni dei soci nelle società a responsabilità limitata affrontando altresì il principio della parità di trattamento tra i soci. 
  • Brevi cenni al caso concreto

La pronuncia del Tribunale, del 27 maggio 2025, n. 2658, (di seguito la “Sentenza”) si colloca nel solco di una giurisprudenza che tende a valorizzare la pubblicità interna quale momento costitutivo della conoscenza giuridicamente rilevante delle decisioni sociali, riconducendo il diritto d’impugnazione entro i confini della certezza e della tempestività. Parallelamente, essa riafferma che il principio di parità sostanziale tra i soci non esige un’assoluta uniformità dei diritti, ma piuttosto l’assenza di discriminazioni arbitrarie fra posizioni comparabili.

La Sentenza, dunque, affronta due temi che, pur autonomi, risultano strettamente connessi nella concreta operatività delle società a responsabilità limitata: da un lato, l’esigenza di assicurare certezza e stabilità alle deliberazioni sociali; dall’altro, la necessità di garantire ai soci un esercizio effettivo, consapevole e informato dei propri diritti.

Nella fattispecie, i soci di minoranza avevano impugnato la deliberazione con cui l’assemblea dei soci di una società a responsabilità limitata aveva deliberato la trasformazione dell’organo amministrativo collegiale con un amministratore unico, comportando una modifica della disciplina statutaria che imponeva la collegialità della gestione.

La decisione dei soci, assunta mediante consultazione scritta, secondo la parte ricorrente, aveva altresì inciso sul diritto di ciascun socio di nominare un consigliere all’interno del consiglio di amministrazione della società, così come previsto dallo statuto sociale.

  • I chiarimenti del Tribunale 

Il Tribunale affronta primariamente il tema del dies a quo per l’esercizio dell’azione d’impugnazione ex art. 2479-ter c.c., ribadendo che il termine di novanta giorni previsto per l’impugnazione delle deliberazioni dei soci “decorre dalla data di iscrizione della deliberazione nel libro delle decisioni dei soci e si applica a tutti i tipi di decisione dei soci, siano esse adottate con il metodo assembleare ovvero mediante consultazione scritta o mediante consenso espresso (…)”.
Tale impostazione discende dal fatto che nelle società a responsabilità limitata la pubblicità rilevante è quella c.d. “interna”, funzionale alla conoscenza effettiva dei soci e alla trasparenza dell’attività deliberativa.

Il Tribunale sottolinea come la ratio della disposizione non sia meramente formale, ma sostanziale. La pubblicità c.d. interna assicura che il socio, potenzialmente leso, possa esercitare la propria tutela conoscendo il contenuto della decisione in un momento certo e documentato.
A tal riguardo, la Sentenza osserva che la trascrizione nel libro delle decisioni costituisce l’atto attraverso cui la volontà collettiva della società si manifesta e si fissa in modo stabile, divenendo conoscibile ai soci e opponibile all’interno della compagine.

Il termine di impugnazione, precisa il Tribunale, ha natura decadenziale, con la conseguenza che, una volta spirato, il diritto d’impugnazione si estingue in via definitiva, non essendo applicabili gli istituti della sospensione o dell’interruzione, propri della prescrizione.
La decisione, in tal senso, afferma che la decadenza dall’azione d’impugnazione risponde all’esigenza di stabilità delle determinazioni sociali.

Tale impostazione, oltre a garantire certezza nei rapporti societari, impone ai soci un dovere di vigilanza e diligenza, coerente con il principio di buona fede e con la partecipazione consapevole alla vita dell’ente.

In relazione al secondo nucleo argomentativo della Sentenza, concernente l’attribuzione statutaria del diritto di nomina individuale dell’amministratore da parte di ciascun socio, parte convenuta precisava che i soci avevano soltanto un diritto di designare un proprio candidato che avrebbe dovuto essere votato dalla maggioranza del collegio sociale.

Il Tribunale ha escluso la fondatezza della tesi della parte convenuta, la quale riteneva necessaria, anche per i consiglieri designati individualmente dai soci, una successiva deliberazione di nomina adottata dalla maggioranza assembleare. La Sentenza, sul punto, precisa che il principio di proporzionalità e il connaturato principio di parità di trattamento dei soci di cui al comma 2 dell’art. 2486 C.c., in forza dei quali sono attribuiti ai soci i medesimi diritti in misura proporzionale alla misura della partecipazione, “costituiscono regole dispositive poste a tutela dell’interesse dei soci, che possono essere derogate in nome del rilievo personalistico che informa anch’esso l’aspetto organizzativo del nuovo tipo sociale della s.r.l”.

L’eventuale deroga all’uguaglianza ed alla proporzionalità si estrinseca nell’attribuzione di particolari diritti a singoli soci ed “esclude invece la loro incorporazione in partecipazioni sociali comprensive di diritti diversi rispetto alle altre”.

Il Tribunale sottolinea altresì che tale parità non va intesa in senso assoluto, bensì nel rispetto dell’autonomia statutaria, la quale può legittimamente introdurre diritti particolari purché in modo espresso e non discriminatorio.

Considerazioni conclusive

Sul piano operativo, la Sentenza richiama le società a una gestione scrupolosa della documentazione assembleare: la puntuale verbalizzazione e trascrizione delle decisioni rappresenta non solo un obbligo formale, ma una condizione di legittimità sostanziale del procedimento deliberativo.

Per i soci, la pronuncia ribadisce l’importanza della diligenza informativa: l’azione d’impugnazione deve essere esercitata con tempestività e fondarsi su vizi effettivamente lesivi, non su mere irregolarità formali.

Ne discende, sul piano operativo, che la tenuta regolare e l’aggiornamento tempestivo del libro delle decisioni assumono valore determinante: la mancata o tardiva trascrizione può incidere sulla decorrenza del termine e compromettere la validità delle impugnazioni, con effetti potenzialmente distorsivi per la certezza dei rapporti.

In conclusione, la decisione in commento conferma una visione sostanzialista del diritto societario: la forma diviene garanzia di sostanza e la parità sostanziale sinonimo di equilibrio proporzionale, su cui si regge una corretta governance delle società di capitali.

Avv. Andrea Bernasconi e Avv. Gianmarco Rizzo

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