Con due sentenze del medesimo tenore, il Tribunale di Roma ha condannato due gestori di piattaforma di video sharing all'inibitoria ed al risarcimento del danno in favore del titolare dei diritti d'autore su numerose opere audiovisive, riconoscendo la natura di cc.dd. hosting provider “attivi” in capo agli stessi.
Con sentenze “gemelle” del 20 e 22 gennaio 2021, rispettivamente numeri 1049 e 1194, il Tribunale delle Imprese di Roma ha accolto le domande di Reti Televisive Italiane SpA, di inibitoria e risarcimento del danno, relativamente alla violazione dei diritti d'autore dalla stessa registrata su numerosi brani audiovisivi messi a disposizione del pubblico, senza autorizzazione, attraverso due piattaforme di condivisione video . Sulla scorta della giurisprudenza europea e della recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7708/2019, secondo cui è necessario verificare caso per caso, in concreto, la posizione dell'hosting providerRispetto alle violazioni dedotte in causa, il Giudice ha in entrambi i casi accertato come i gestori delle piattaforme convenute abbiano “perso” la propria qualità di soggetti neutri e passivi, avendo operato “ forme di intervento volte a sfruttare i contenuti dei singoli materiali memorizzati dagli utenti, operando in generale sotto le forme del controllo, della conoscenza e della profilazione dei dati e in maniera non autorizzata ”.
Alla luce di ciò, il Tribunale ha escluso che i gestori delle piattaforme possano godere dell'esenzione di responsabilità di cui alla Direttiva 2000/31/CE e del D.Lgs. 70/2003, in quanto, per l'appunto, svolgenti un'attività non meramente automatica e passiva e classificandosi, pertanto, quali hosting provider “attivi”.
Conseguentemente, agli stessi è stato imposto un ordine di rimozione dalle piattaforme dei contenuti dedotti in causa, nonché di inibitoria (assistita da penale ex art. 614- bis cpc) per ogni ulteriore futura violazione “ perpetrata in qualsiasi forma e con qualunque mezzo a danno di programmi di RTI Spa”. Interessante, infine, il capo delle due sentenze relative alla quantificazione del danno riconosciuto a favore dell'attrice. Il Tribunale ha infatti, in entrambi i casi, aggiunto il criterio del cd prezzo del consenso, determinando un valore minutario per tutti i contenuti di cui è stata accertata la pubblicazione sulle piattaforme, parametrato alla sola durata degli stessi, indipendentemente dal numero degli utenti che li hanno effettivamente visionati.
Infine, alla luce dell'accertata violazione degli articoli 171 e 171 ter LDA, le convenute sono state condannate anche al risarcimento del danno morale in favore dell'attrice, liquidato equitativamente nella misura del 10% del danno patrimoniale come sopra determinato.
Avv. Riccardo Traina Chiarini