La Corte di Cassazione Penale, con la recente sentenza 12 luglio 2017, n. 34151, si è pronunciata su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d'appello, andando di contrario avviso rispetto al Tribunale, aveva assolto un imputato dal reato di interferenze illecite nella vita privata. L’uomo aveva installato una telecamera sul muro del pianerottolo condominiale, nella parte contigua alla porta d'ingresso della propria abitazione, con cui inquadrava la porzione di pianerottolo prospiciente la porta suddetta, nonché la rampa delle scale condominiali e una larga parte del pianerottolo condominiale, in tal modo videoregistrando chiunque entrasse nel raggio d'azione della telecamera. La Suprema Corte – nel respingere la tesi della parte civile, vicino di casa dell’imputato, secondo cui la Corte d'appello aveva male interpretato l'art. 615/bis c.p. e la giurisprudenza formatasi sul punto, in quanto il pianerottolo condominiale costituirebbe "appartenenza" di un luogo di "privata dimora" ai sensi dell'art. 614 c.p. (richiamato dall'art. 615 bis c.p.) – ha invece affermato che le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché sono, in realtà, destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all'art. 615 bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese.
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