Avv. Francesca Frezza
Un lavoratore dipendente di una azienda energetica veniva sottoposto ad un procedimento disciplinare che si concludeva con il suo licenziamento in quanto, in occasione di una sua assegnazione ad un nuovo incarico, aveva trasmesso a cinque dirigenti dell’azienda una comunicazione nella quale manifestava sfiducia per l’operato aziendale, evidenziando l’inadeguatezza del progetto.
Il Tribunale di Milano, con sentenza confermata in sede di reclamo, annullava il licenziamento escludendo che la comunicazione, che pure evidenziava un chiaro disappunto per le difficoltà ad assumere l’incarico, a causa della lunga dequalificazione subita dal lavoratore, contenesse espressioni sgarbate o offensive.
La Cassazione con sentenza del 2 maggio 2019 n. 11539 ha confermato la decisione della Corte di Appello distrettuale ritenendo non configurabile la giusta causa di recesso in ipotesi di comunicazioni del lavoratore che abbiano ad oggetto critiche sulle iniziative aziendali formulate prive di frasi offensive o irriverenti.
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