Espressione di un paradigma evoluto di fare impresa, a differenza delle società tradizionali le Società Benefit rappresentano oggi uno strumento legale volto alla creazione di valore condiviso a lungo termine, che consente agli imprenditori di perseguire in modo congiunto e integrato, da un lato finalità di lucro, dall’altro la realizzazione di un beneficio per la collettività.
Società Benefit: definizione e riferimenti normativi
Introdotte in Italia con la Legge 208/2015 (Legge di stabilità 2016), unico articolo, co. 367-384, prima in Europa a dare dignità giuridica a questa forma di impresa, e prima al mondo (eccettuati gli Stati Uniti, dove la forma giuridica di "Benefit Corporation", equivalente alla Società Benefit italiana, è stata introdotta già dal 2010), le Società Benefit sono definite come società che, nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono anche una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse (co. 376).
Caratteristiche
Le Società Benefit volontariamente perseguono, nell’esercizio dell’attività d’impresa, oltre allo scopo di lucro, anche una o più finalità di beneficio comune, come definito dalla legge, ovvero il perseguimento di uno o più effetti positivi, ovvero la riduzione degli effetti negativi, su persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interessi, intendendosi per tali il soggetto, o i gruppi di soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, dall’attività delle società di cui si tratta, quali lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione e società civile. La normativa prevede altresì l’obbligo per gli amministratori di bilanciare l’interesse dei soci con gli interessi di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto. Il beneficio comune deve essere tangibile e reale, ovvero legato alla mission dell’azienda ed alla realtà nella quale la stessa opera.
Le finalità specifiche di beneficio comune devono essere espressamente riportate nell’atto costitutivo o nello Statuto societario (co. 377).
Le Società Benefit non costituiscono un nuovo tipo sociale e, conseguentemente, possono assumere tale qualifica giuridica i tipi societari previsti dal Libro V° del Codice Civile, con esclusione delle società a responsabilità limitata semplificate, le cooperative sociali e le imprese sociali.
Non si tratta pertanto di un’evoluzione del mondo no profit, bensì di un’evoluzione positiva dei modelli di impresa a scopo di lucro, per renderli più attinenti al mercato odierno e atti ad avere un impatto positivo a lungo termine sulla società civile e sull’ambiente. Con la creazione di una Società Benefit, infatti, la compagine sociale decide esplicitamente di vincolare la società alla realizzazione di un beneficio comune, come vero e proprio obbligo giuridico di natura statutaria.
È importante ricordare che, ad oggi, le Società Benefit non godono di benefici fiscali, agevolazioni finanziarie o sgravi contributivi.
Costituzione
Per la costituzione di una Società Benefit, i casi possono essere due: 1) la società può nascere come benefit al momento della sua costituzione, con l’adempimento delle formalità previste dalla legge, e con la scelta del tipo societario che meglio risponde alle esigenze dei soci; ovvero 2) se già costituita come società ordinaria, diventare una Società Benefit attraverso una modifica dell’atto costitutivo o dello statuto (non si tratta di una trasformazione societaria), mediante la specificazione nell’oggetto sociale del beneficio comune, accanto allo scopo lucrativo, e prevedendo, in apposita clausola, l’obbligo per gli amministratori della redazione e pubblicazione della relazione annuale. L’atto deve essere depositato, iscritto e pubblicato nel rispetto di quanto previsto per ciascun tipo di società ai sensi del Codice Civile (co. 379).
Gli adempimenti
Le clausole statutarie che vengono in considerazione al momento della costituzione di una Società Benefit, e a presidio dell’effettivo perseguimento del beneficio comune, sono quelle relative a:
- la denominazione di Società Benefit (non obbligatoria), mediante l’inserimento delle parole “Società Benefit” o l’abbreviazione “SB”, da utilizzare nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi (co. 379);
- l’oggetto sociale, con l’indicazione, accanto all’attività propria dell’impresa, delle finalità di beneficio comune, evidenziando gli effetti positivi e/o la riduzione degli effetti negativi per i portatori di interesse;
- l’individuazione di soggetti responsabili del perseguimento dell’interesse comune; vi è ampia discrezionalità sulla identificazione del responsabile e sulle funzioni e i compiti che questi debba svolgere (co. 380);
- gli obblighi per gli amministratori di redigere e pubblicare la relazione annuale (co. 382), pubblicata sul sito internet della società, qualora esistente, da allegare al bilancio societario, e che includerà: (i) la descrizione degli obiettivi specifici e delle attività svolte dagli amministratori per il perseguimento del beneficio comune, nonchè le circostanze che lo abbiano eventualmente impedito o rallentato; (ii) la descrizione dei nuovi obiettivi che la SB intende perseguire nell’esercizio successivo; (iii) l’impatto generato nell’esercizio, da valutare mediante l’uso dello standard di valutazione esterno, previsto all’allegato 4 della legge. Tale standard deve essere sviluppato da un ente terzo, credibile e trasparente, e deve comprendere le Aree di valutazione di cui all’allegato 5 (governace, per valutare il grado di trasparenza e responsabilità della società, con particolare attenzione al grado di trasparenza delle politiche e delle pratiche adottate dalla società; i lavoratori, per valutare le relazioni con dipendenti in termini di retribuzioni, benefit, opportunità di crescita personale; altri portatori di interesse, per valutare le relazioni con i propri fornitori, con il territorio e le comunità locali; l’ambiente, per valutare gli impatti della società in termini di utilizzo di risorse, energia, materie prime, etc.). Tutto questo al fine di rendere trasparenti i criteri di gestione della società a garanzia anche si soggetti terzi. La normativa non prevede, invece, alcun obbligo di certificazione, che rimane comunque una scelta volontaria della società.
Garanzie e sanzioni
Nel caso in cui la SB non persegua la finalità del beneficio comune, la norma prevede l’assoggettamento della stessa alle disposizioni previste dal D.Lgs 145/2007 in materia di pubblicità ingannevole, al Codice del Consumo (D.Lgs 206/2005), nonché al controllo dell’AGCM (co. 384). L’obiettivo è evidentemente quello di garantire che ci sia un reale perseguimento di finalità ulteriori rispetto al profitto, al fine di evitare che le aziende, che non realizzino gli obiettivi dichiarati come SB, possano beneficiare di un vantaggio competitivo sul mercato nei confronti di altre società.
Considerazioni
L’attività di beneficio comune consente il raggiungimento di numerosi vantaggi sia per gli azionisti stessi, sia per tutti i portatori di interesse: genera utilità in termini reputazionali per l’impresa, con conseguente capacità di attrarre investimenti, di accedere a capitale di investimento privato e potenziale incremento di ricavi; realizza un bilanciamento tra interessi finanziari ed interessi sociali, come impresa socialmente responsabile che entra a far parte di una rete di imprese che sviluppa mercati attenti all’interesse generale. Non mancano problematicità, anche in considerazione della sinteticità della Legge, che lascia aperte alcune questioni, quali, ad esempio, l’utilizzo dello standard di valutazione di impatto, il cui uso potrebbe essere oneroso per le piccole imprese, data la corposità dei requisiti da soddisfare; la mancanza di un registro che raccolga le relazioni annuali; la mancanza dell’obbligo per le imprese di pubblicare e rendere noto il nominativo del responsabile che presiede il perseguimento del beneficio comune; la mancanza di una previsione esplicita che preveda che la finalità di beneficio comune sia strettamente connesso alla realtà nella quale l’azienda opera.