Avv. Francesca Frezza
Una lavoratrice adiva il Tribunale di Bologna al fine di richiedere il pagamento della retribuzione nella misura prevista per l’orario a tempo pieno deducendo l’invalidità della clausola del proprio contratto di lavoro a tempo parziale che non conteneva una specifica indicazione della distribuzione oraria.
La domanda, respinta in primo grado, veniva confermata in sede di appello dalla Corte distrettuale felsinea che, ritenuto nullo il contratto di lavoro, affermava che la maggiore prestazione di fatto non era stata dimostrata dalla lavoratrice.
La Corte di Cassazione, con sentenza del 30 maggio 2019 n. 14797, nel richiamare la decisione della Corte Costituzionale n. 210/92, ha riformato la sentenza che aveva ritenuto nullo il contratto di lavoro, ritenendo che la clausola di part time nulla per difetto di forma determina la conversione in un rapporto di lavoro a tempo pieno nullo per difetto di forma scritta.
Gli effetti della contrarietà del contratto a norme imperative stabilite a protezione del lavoratore non determina, infatti, la nullità dell’intero contratto ma solo la espulsione dal contratto della sola parte nulla o la sostituzione della clausola nulla con la norma imperativa di legge.
La Cassazione ha infine precisato che il lavoratore potrà rivendicare la retribuzione piena solo in presenza di una formale messa a disposizione della propria prestazione. costituire in mora il datore di lavoro.
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