Titolare dell’obbligo di distribuzione degli utili è la società e non il socio

Titolare dell’obbligo di distribuzione degli utili è la società e non il socio
Con sentenza n. 32666 del 9 novembre scorso la Corte di Cassazione ha confermato il principio per cui solo la società è titolare dell'obbligo di distribuzione degli utili, i quali fanno parte del patrimonio sociale fino a che non intervenga la delibera di approvazione del bilancio o del rendiconto, che ne determina l'emersione. Ne consegue che nella società di persone l'approvazione del bilancio o rendiconto, dal quale emerga l'esistenza dell'utile, è la sola condizione sufficiente a legittimare ciascun socio a pretendere che la società gli distribuisca la quota parte di utile spettante.
Il caso in esame

Le socie accomandanti di una società in accomandita semplice convenivano in giudizio il socio accomandatario nonché amministratore della società, chiedendo al Giudice di prima istanza di condannare il convenuto al pagamento degli utili, maturati in alcuni degli esercizi precedenti, per le quote loro distintamente spettanti. Il Giudice respingeva le domande attoree con sentenza poi impugnata dalle attrici soccombenti, le quali richiamavano in appello le norme sul mandato, nonché le norme in materia di responsabilità dell’amministratore verso la società e i suoi soci in relazione all’obbligo di rendere il conto e di corrispondere gli utili. La Corte territoriale adita confermava la sentenza di primo grado, respingendo da un lato il richiamo alle norme sul mandato, in quanto ai fini dell’azione “non è chiesto il pagamento di quanto ricevuto dal mandatario in relazione all’incarico ricevuto, ma di quanto confluito nelle casse della società”, e dall’altro lato respingendo altresì il richiamo alle norme sulla responsabilità degli amministratori, dal momento che tali norme (artt. 2393 e seguenti del codice civile) attengono ad una “responsabilità extracontrattuale fonte di diritto risarcitorio del socio leso, da soddisfarsi a mezzo di denaro proprio dell’amministratore colpevole”. Oggetto della domanda del caso di specie era, al contrario, da individuare nella condanna dell’accomandatario al “pagamento degli utili in adempimento alla sua obbligazione”. In definitiva, il Giudice di secondo grado rilevava come il diritto dei soci a ricevere gli utili societari sussiste nei confronti della società, quale soggetto autonomo di diritto, e non nei confronti del socio accomandatario.

Il ricorso in Cassazione

Le attrici soccombenti in entrambi i gradi di giudizio ricorrevano in Cassazione con un unico motivo, deducendo che la Corte d’Appello aveva affermato erroneamente che il socio accomandante non potesse agire nei confronti dell’amministratore per condannarlo, in forza del contratto di mandato conferito allo stesso, a distribuire gli utili maturati dalla società nel corso dell’esercizio e già deliberati dall’assemblea. A dire delle ricorrenti, dalla società era già stato deliberato l’ammontare degli utili da distribuire, in quanto era già stato approvato il rendiconto dall’amministratore, il quale era pertanto obbligato per legge a dare esecuzione alla delibera assembleare. Le socie deducevano l’applicabilità dell’art. 2262 del codice civile, secondo cui il diritto di credito finalizzato al percepimento degli utili sorge automaticamente in capo ai soci, i quali hanno pertanto il pieno diritto di agire nei confronti dell’amministratore per ottenere quanto deliberato dall’assemblea.

La conclusione della Corte

A parere della Corte di legittimità, è la società ad essere titolare dell’obbligo di distribuzione degli utili prodotti dall’impresa. Questi rappresentano, infatti, parte del patrimonio sociale solo fino a quando non interviene la delibera di approvazione del bilancio o del rendiconto, da cui emerge l’esistenza dell’utile. Da tale momento ciascun socio può pretendere che la società provveda alla distribuzione della quota parte dell’utile spettante. Per di più, la prestazione correlata al diritto all’utile è una prestazione di “dare” e non una prestazione di “fare” ascrivibile all’amministratore, motivo per cui il soggetto tenuto all’obbligo di distribuzione degli utili è sempre e solo la società. I giudici di legittimità non hanno altresì accolto la deduzione delle ricorrenti relativa all’applicazione al caso di specie della disciplina in materia di mandato, ritenendo che sia un profilo estraneo alla fattispecie societaria. In definitiva, la Corte ha ribadito che soltanto una volta approvato il rendiconto, inteso come situazione contabile sostanzialmente equivalente al bilancio di esercizio, ciascun socio “risulta essere a pieno titolo creditore nei confronti della società, in relazione alla quota di utili, che è di sua specifica spettanza”. Per tali motivi la Corte rigettava il ricorso.

Avv. Andrea Bernasconi e Avv. Edoardo Pollara Tinaglia

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