Avv. Francesca Frezza
La sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi tecnicamente configurare come sentenza di condanna, anche se è a questa equiparabile a determinati fini, presuppone pur sempre una ammissione di colpevolezza che esonera la controparte dall'onere della prova.
Un lavoratore mentre era intento a svolgere una attività di potatura cadeva da un cestello mobile subendo un infortunio dal quale derivavano gravi menomazioni. Il lavoratore adiva, quindi, il Tribunale di Bologna che respingeva la domanda di risarcimento formulata nei confronti del datore di lavoro con sentenza confermata dalla Corte di Appello felsinea che riteneva non rilevante ai fini dell’accoglimento della domanda la circostanza che nelle more del giudizio questi avesse definito il procedimento penale a suo carico con una sentenza di patteggiamento.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 3643 del 7 febbraio 2019, nell’accogliere il ricorso del lavoratore ha affermato che la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. costituisce un importante elemento probatorio per il giudice di merito, il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione.
Il patteggiamento costituisce, infatti, un riconoscimento della responsabilità che deve essere adeguatamente valutato dal giudice investito del medesimo accertamento nel giudizio civile
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