Il mutuo è il contratto attraverso cui una parte (c.d. mutuante) consegna ad un’altra parte (c.d. mutuatario) una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e quest’ultima si obbliga a restituirne altrettante della stessa specie e qualità. A tal proposito, il contratto si presume a titolo oneroso ed infatti, salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante (art. 1815 c.c.) ed è tenuto al pagamento degli stessi anche se si sia trovato per cause di forza maggiore nella condizione di non potere concretamente usare la somma mutuata (Cass. Civ. 1 febbraio 1962, n. 199).
Gli interessi nel mutuo: T.A.N. (fisso o variabile) vs T.A.E.G.
Come evidenziato, il mutuo è un contratto a titolo oneroso in quanto, di regola, obbligo del mutuatario è la corresponsione degli interessi sulla somma di denaro ricevuta. E’ di conseguenza da considerarsi contratto a prestazioni corrispettive, in quanto gli interessi costituiscono controprestazione del diritto reale sul capitale acquistato dal mutuatario.
T.A.N. è l’acronimo di Tasso annuo nominale, che corrisponde al tasso di interesse applicato annualmente in percentuale sul capitale elargito. In genere, può essere determinato in misura fissa o variabile:
- Il tasso fisso è caratterizzato da una percentuale di interessi costante per tutta la durata del contratto di mutuo. Tale tipologia di tasso è composta dalla somma dello spread (che nel settore bancario rappresenta il ricavo dell'ente creditizio che concede il mutuo) e dall’EURIRS (Euro Interest Rate Swap) ovvero il parametro di riferimento del mercato, fissato al momento della conclusione del contratto senza possibilità di subire alterazioni.
- Il tasso d’interesse variabile, invece, può subire delle variazioni le quali dipendono principalmente dall’indice finanziario c.d. EURIBOR (Euro Interest Bank Offered Rate) che corrisponde al tasso medio delle transazioni finanziarie effettuate tra le principali banche europee. Sicché, la percentuale relativa all’interesse da corrispondere all’istituto mutuatario varierà in funzione dell'andamento del mercato.
Il T.A.E.G. (Tasso Annuo Effettivo Globale) o detto anche “Indicatore sintetico di costo” (I.S.C.) è sempre espresso in termini percentuali ma indica il costo complessivo del mutuo. Di fatto, tale parametro è comprensivo oltre che del T.A.N., di tutte le spese indispensabili ai fini dell’erogazione delle somme oggetto del contratto di mutuo che devono essere obbligatoriamente indicate nella documentazione informativa pre-contrattuale: polizze aggiuntive, apertura e tenuta dei conti correnti, gestione della pratica, costi relativi alle operazioni di pagamento.
Gli interessi usurai
L’interesse usuraio è un interesse stabilito con un tasso così alto da superare il limite consentito dal legislatore.
La legge di interpretazione autentica n. 24/2001 che ha convertito il d.l. n. 394/2000, all’art. 1, comma 1, prevede che «ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., 2 comma, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento».
Di fatto, dunque, la sanzione civilistica prevista dall’art. 1815 c.c., 2 comma, che invalida con nullità la clausola contenente interessi usurai, troverà applicazione solo nel caso di usura originaria e non sopravvenuta.
In particolare, per ciò che attiene il mutuo, il comma 2 dell'art. 1284 del Codice Civile, dispone che: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale”. Di conseguenza, il debitore sarà tenuto a restituire al mutuante solo il capitale ottenuto in prestito e non anche gli interessi pattuiti.
Il summenzionato limite, denominato anche “tasso-soglia”, è individuato, con decreto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) che «sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio (TEGM), comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferiti ad anno degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari […] nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura» (art. 2 comma 1 della l. 108/1996).
Il divieto di anatocismo
Infine, l’anatocismo è il fenomeno che si verifica quando il saggio di interessi si applica oltre che al capitale, anche agli interessi già maturati.
In sostanza, sono definiti anatocistici gli interessi che producono interessi. Essi sono consentiti dal nostro ordinamento solo in presenza di alcune condizioni previste dalla legge. Ed infatti, l’art. 1283 c.c. indica che in assenza di usi contrari, gli interessi possano produrre altri interessi solo dal giorno in cui è proposta una domanda giudiziale ovvero se c’è un accordo posteriore alla scadenza degli interessi in questione e sempre che sia trascorso almeno un semestre dalla nascita dell’obbligazione.
Avv. Daniele Franzini e Avv. Pietro Vitucci