Il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sulla responsabilità dell’hosting provider e individua Google quale hosting provider attivo

Il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sulla responsabilità dell’hosting provider e individua Google quale hosting provider attivo
I Giudici di Palazzo Spada con sentenza n. 4277/2024 del 13 maggio 2024 hanno accolto il ricorso in appello dell’AGCOM contro Google Ireland Limited per la violazione del divieto di pubblicità di giochi con vincite di denaro online effettuato a mezzo Google Ads. 

La vicenda prende avvio dal ricorso innanzi al TAR Lazio di Google Ireland Limited con cui veniva impugnata la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) n. 541/20/CONS del 22.10.2020 che aveva sanzionato la multinazionale americana per la violazione dell’art. 9 del Decreto legge n. 87 del 12 luglio 2018 (c.d. “Decreto dignità”) a causa di un annuncio pubblicitario a mezzo Google Ads che invitava alla iscrizione a dei casinò online.

La norma suddetta vieta qualsiasi forma pubblicitaria relativa al gioco d’azzardo e qualunque pubblicità, anche indiretta, ad esso relativa, e ciò con l’obiettivo di tutelare alcune categorie, tra le quali i giocatori patologici. 

Con il ricorso al TAR, Google lamentava, in particolare, la violazione del regime di responsabilità riservata agli hosting provider, dal quale la società affermava di essere comunque esente.

Nonostante la mancanza di un obbligo a proprio carico, la società deduceva di porre in essere tutte le azioni necessarie affinché gli inserzionisti non violassero il Decreto dignità e che, quindi, l’annuncio pubblicato risultava lecito.

Con sentenza n. 11036/2021, il TAR Lazio accoglieva parzialmente il ricorso ed escludeva la sussistenza dell’illecito attribuito a Google richiamando l’art. 16 D.lgs. 70/2003 di recepimento della Direttiva 2000/31/CE, espressione di principi generali che governano la materia. 

L’AGCOM proponeva appello ed affermava che anzitutto non occorre indagare la rimproverabilità soggettiva della condotta al fine di imputare l’illecito di cui all’art. 9 del Decreto dignità, poiché la valutazione dell’illegittimità dell’inserzione pubblicitaria è stabilita, a monte, dal legislatore, il quale vieta qualsiasi forma di pubblicità di giochi d’azzardo non rilevando, così, la distinzione tra hosting provider attivo e passivo.

Inoltre, l’autorità erariale precisava che Google per la sua attività di selezione ed organizzazione dei contenuti pubblicitari è un hosting provider attivo, quindi non può essere scriminata la condotta di tale società ai sensi dell’art. 14 della Direttiva n. 2000/31/CE, come recepita dall’art. 16 del D.lgs. 70/2003.

In ogni caso, anche qualora l’art. 16 D.lgs. 70/2003 si considerasse applicabile alla fattispecie, non vi sarebbero i presupposti di esenzione di responsabilità previsti da tale norma in quanto Google era consapevole dell’illiceità dell’annuncio pubblicitario che risultava – addirittura in quel momento – ancora online.

Con la sentenza n. 4277/2024 del 13 maggio 2024, in accoglimento dell’appello, il Consiglio di Stato ha affermato la responsabilità amministrativa della multinazionale americana poiché il divieto posto dall’art. 9 del Decreto dignità ha ad oggetto ogni tipo di pubblicità di giochi d’azzardo, anche di tipo indiretto, e tramite qualsiasi mezzo.

Quanto alla possibile applicazione della esenzione di cui all’art. 16 D.lgs. 70/2003 (oggi art. 8 del Regolamento n. 2065/2022, cd. Digital Service Act) circa la responsabilità amministrativa di cui all’art. 9 del Decreto dignità, è stata esclusa la applicazione di tale norma posto che la Direttiva 2000/31/CE esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione “i giochi di azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese lotterie e scommesse”, fattispecie che comprende anche la pubblicizzazione online del gioco a pagamento. Il Consiglio di Stato ha, quindi, ritenuto che la materia in questione sia disciplinata unicamente dal diritto interno.

Il cuore della motivazione è in tema responsabilità dell’hosting provider.

Il Collegio ha infatti precisato che nel caso di specie Google opera come hosting provider attivo perchè, a mezzo del servizio degli annunci a pagamento quale Google Ads, la società di Mountain View svolge un servizio di indicizzazione e promozione di contenuti di terzi ed è titolare di un interesse economico alla buona riuscita di tali azioni, tale da realizzare un controllo delle informazioni e permettere ai propri clienti di “ottimizzare la loro vendita online”.

Di conseguenza, nessuna esenzione di cui all’art. 16 può applicarsi.

Quanto all’illecito amministrativo di cui all’art. 9 del Decreto dignità, il Consiglio di Stato ha concluso che, nonostante il fatto che né la parola chiave (“casinò online”) a cui era associato l’annuncio pubblicitario nel motore di ricerca e né le parole dello stesso annuncio contenessero espressi rimandi a giochi d’azzardo a pagamento, la mera pubblicazione in questione rappresenta una violazione da parte di Google della norma in esame a causa della promozione di siti online che permettevano di accedere a giochi con vincite in denaro.

In difetto della prova di elementi idonei ad escludere la colpa, il Collegio ha accertato quindi che tutti i presupposti dell’illecito risultavano integrati. La sanzione veniva infine rideterminata poiché il fatto che l’annuncio pubblicitario sia stato pubblicato per due giorni consecutivi integra un’unica violazione avente ad oggetto un illecito istantaneo perfezionatosi con la pubblicazione dell’annuncio, seppur con effetti perduranti due giorni. 

Tale recente sentenza è stata salutata con favore, posto che arricchisce di un ulteriore importante tassello gli insegnamenti giurisprudenziali sia nazionali che europei nell’ambito della responsabilità degli hosting provider.

In particolare, il provvedimento si distingue per la valorizzazione del caso di specie e per la verifica in concreto della condotta assunta dal provider in relazione ai contenuti diffusi, respingendo l’applicazione de plano della generale esenzione di responsabilità dell’hosting provider passivo.

Avv. Vincenzo Colarocco

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