Avv. Flaviano Sanzari
Con la recente sentenza n. 2814/2018, il Tribunale di Milano, riconoscendo iure hereditatis ai discendenti di una persona deceduta in seguito a un episodio di medical malpractice, il risarcimento del danno da agonia del congiunto, ha posto in rilievo due aspetti che meritano di essere evidenziati.
In primo luogo, innovando rispetto alla consolidata prassi giurisprudenziale (che prende in considerazione periodi di tempo più lunghi), il provvedimento riconosce la risarcibilità del danno non patrimoniale da agonia, pur essendosi questa prolungata per soli 4 giorni.
In secondo luogo, la sentenza qualifica tale voce di danno in modo biunivoco, aderendo, sembrerebbe, ad entrambi gli orientamenti giurisprudenziali formatisi al riguardo ed assumendo che, dal punto di vista della quantificazione del risarcimento, ciò non fa alcuna differenza. Così, da un lato il provvedimento descrive il danno da agonia come danno biologico terminale, da provarsi unicamente nella sua oggettività materiale; mentre, dall'altro lato, esso descrive la medesima voce di danno come danno catastrofale, afferente la sofferenza di chi si renda conto dell'approssimarsi della fine della propria esistenza. La distinzione è importante, poiché, sotto il profilo probatorio, il danno catastrofale, riconducibile alla categoria del danno morale soggettivo, differentemente dal danno biologico, richiede, come è facile comprendere, la prova dell'aspetto psicologico costituito dalla consapevolezza dell’imminenza della propria morte da parte del malato.
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