Il 16 dicembre 2022, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il testo della Direttiva (UE) 2022/2464, relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità, conosciuta come “Corporate sustainability reporting directive” (di seguito “Direttiva” o “CSRD”).
La CSRD introduce obblighi di trasparenza più dettagliati circa l’impatto sociale ed ambientale delle imprese e stabilisce che le grandi imprese e le piccole e medie imprese (“PMI”) che sono enti di interesse pubblico, saranno tenute a comunicare “informazioni in merito alle questioni di sostenibilità, come i diritti ambientali, i diritti sociali, i diritti umani e fattori di governance”.
Contesto normativo e ambito di applicazione
La CSRD si inserisce all’interno del quadro normativo del cd. “Green Deal europeo” un pacchetto di iniziative strategiche tramite il quale l’Unione europea si è prefissata l’obiettivo di azzerare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050 e trasformare l'Unione europea in un’economia maggiormente competitiva ed efficiente.
La Direttiva, ha il primario obiettivo di colmare le lacune presenti nel quadro normativo attuale in tema di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, al fine di:
- migliorare l’informativa sui temi ESG (Environmental, Social and Governance);
- accrescere la responsabilitàdelle imprese;
- evitare contrasti tra norme interne e comunitarie.
Nel dettaglio, la CSRD apporta delle modifiche rilevanti al Regolamento (UE) n. 537/2014, alla Direttiva 2004/109/CE, alla Direttiva 2006/43/CE ed alla Direttiva 2013/34/UE per quanto concerne la rendicontazione societaria di sostenibilità.
Una significativa novità della Direttiva riguarda l’estensione della platea delle imprese che saranno tenute alla rendicontazione di sostenibilità. Difatti, i doveri stabiliti dalla CSRD riguarderanno:
- le società quotate (disciplinate dal diritto di uno Stato membro e i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro);
- gli enti creditizi (definiti all’art. 4 punto 1 della direttiva 2006/48/CE);
- le imprese di assicurazione;
- le altre società designate dagli Stati membri come “enti di interesse pubblico”, (ad esempio in considerazione della loro natura, della loro attività, delle dimensioni o del numero di dipendenti).
In altre parole, i doveri di rendicontazione di sostenibilità saranno estesi a tutte le imprese di grandi dimensioni, nonché a tutte le PMI quotate, ad eccezione delle sole microimprese.
Per quanto concerne le imprese non europee, l'obbligo di presentare una relazione sulla sostenibilità si applica a tutte le imprese che realizzano “ricavi netti superiori a 150 milioni di euro all’interno dell’Unione europea e che hanno almeno un'impresa figlia o una succursale nell'Unione europea”.
Le principali novità introdotte
Come già accennato, la Direttiva rafforza notevolmente le norme già esistenti in tema di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario introdotte dalla direttiva 2014/95/UE e recepita in Italia con il D.Lgs. 254/2016, ritenute non più sufficienti.
In termini pratici, in considerazione di quanto testualmente stabilito dall’art. 1 della CSRD, le imprese destinatarie della CSRD avranno il dovere di comunicare, inter alias,:
- una descrizione del modello e della strategia aziendale dell'impresa, secondo quanto stabilito dall’art. 1 punto 4 della Direttiva;
- una descrizione degli obiettivi connessi alle questioni di sostenibilità individuati dall'impresa, inclusi, ove opportuno, obiettivi assoluti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno per il 2030 e il 2050, nonché una descrizione dei progressi;
- una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità e delle loro competenze e capacità in relazione allo svolgimento di tale ruolo;
- una descrizione delle politiche dell'impresa in relazione alle questioni di sostenibilità;
- informazioni sull'esistenza di sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità e che sono destinati ai membri degli organi di amministrazione, direzione e controllo;
- una descrizione:
- delle procedure di dovuta diligenza applicate dall'impresa in relazione alle questioni di sostenibilità e, ove opportuno, in linea con gli obblighi dell'Unione che impongono alle imprese di attuare una procedura di dovuta diligenza;
- dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell'impresa e alla sua catena del valore, compresi i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura, delle azioni intraprese per identificare e monitorare tali impatti;
- di eventuali azioni intraprese dall'impresa per prevenire o attenuare impatti negativi, effettivi o potenziali, o per porvi rimedio o fine e dei risultati di tali azioni;
- dei principali rischi per l'impresa connessi alle questioni di sostenibilità, compresa una descrizione delle principali dipendenze dell'impresa da tali questioni e le modalità di gestione di tali rischi adottate dall'impresa;
In tale contesto, la responsabilità di un corretto svolgimento dei summenzionati obblighi informativi sembrerebbe gravare proprio sull'organo amministrativo, soggetto, dunque, a sanzioni amministrative nel caso in cui non depositi la dichiarazione non finanziaria ovvero rediga la stessa in maniera non conforme alle disposizioni normative.
Le prossime tappe
La Direttiva sarà applicata in quattro distinte fasi, a partire dagli esercizi finanziari relativi all’anno:
- 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario;
- 2025 per le grandi imprese;
- 2026 per le PMI quotate (a eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione;
- 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di EUR nell'Unione europea, se hanno almeno un'impresa figlia o una succursale nell'UE che supera determinate soglie.
Le nuove norme dovranno essere attuate dagli Stati membri entro 18 mesi dall'entrata in vigore della Direttiva.
Avv. Gianmarco Rizzo