Diritto all’oblio: quadro normativo

Diritto all’oblio: quadro normativo
Come evidenziato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 19681/2019, quando si parla di diritto all'oblio ci si riferisce ad almeno tre differenti fattispecie: quella di chi desidera non vedere nuovamente pubblicate notizie relative a vicende, in passato legittimamente diffuse, quando è trascorso un certo tempo tra la prima e la seconda pubblicazione; quella, connessa all'uso di internet ed alla reperibilità delle notizie nella rete, consistente nell'esigenza di collocare la pubblicazione, avvenuta legittimamente molti anni prima, nel contesto attuale; e quella, infine, trattata nella nota sentenza della Corte Giust. UE (Google Spain, Causa C‑131/12), avente ad oggetto la cancellazione di dati non soltanto inesatti, ma anche inadeguati, non pertinenti o eccessivi in rapporto alle finalità del trattamento, oppure non aggiornati o conservati per un arco di tempo superiore a quello necessario.

L’esigenza di bilanciamento tra l'interesse del singolo ad essere dimenticato e l'interesse della collettività ad essere informata - cui si correla l'interesse dei media a informare - permea l'intera area del diritto all'oblio.

Imprescindibile punto di partenza ai fini di un corretto inquadramento normativo della materia in questione, sono le disposizioni della nostra Costituzione e, in particolare, gli artt. 2, 3 e 21, che hanno ad oggetto i diritti inviolabili, la tutela della persona in generale, il principio di uguaglianza e il diritto di cronaca. Devono poi essere richiamate le norme del codice penale sulla diffamazione (art. 595 c.p.) e quelle sulla tutela della riservatezza (art. 17 del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali- GDPR); così come vanno menzionati il codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica (pubblicate ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101) e il Testo unico dei doveri del giornalista, che, nel ribadire (art. 1) che l'attività del giornalista "si ispira alla libertà di espressione sancita dalla Costituzione italiana" è che è "diritto insopprimibile del giornalista la libertà di informazione e di critica", aggiunge poi, nel successivo art. 3, comma 1, che il giornalista "rispetta il diritto all'identità personale ed evita di far riferimento a particolari relativi al passato, salvo quando essi risultino essenziali per la completezza dell'informazione".

La difficoltà di stabilire un'esatta linea di confine tra il diritto di cronaca e quello alla riservatezza inteso come diritto all'oblio è stato oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale: nel tentativo di enucleare una sintesi dei criteri indicati dalle Corti italiane ed europee può affermarsi che il bilanciamento tra l'interesse del singolo ad essere dimenticato e quello opposto della collettività a mantenere viva la memoria di fatti a suo tempo legittimamente divulgati presuppone un complesso giudizio nel quale assumono rilievo decisivo la notorietà dell'interessato, il suo coinvolgimento nella vita pubblica, il contributo ad un dibattito di interesse generale, l'oggetto della notizia, la forma della pubblicazione ed il tempo trascorso dal momento in cui i fatti si sono effettivamente verificati.

L'effettivo punto di equilibrio tra gli interessi in gioco è rappresentato il più delle volte dalla deindicizzazione dei contenuti presenti sul web. Essa integra, infatti, la soluzione che, a fronte della prospettata volontà, da parte dell'interessato, di essere dimenticato per il proprio coinvolgimento in una vicenda del passato, realizza il richiamato bilanciamento escludendo le estreme soluzioni che sono astrattamente configurabili: quella di lasciare tutto com'è e quella di cancellare completamente la notizia dal web, rimuovendola dal sito sorgente (Cass. civ., Sez. I, Sent. n. 3952 8.2.2022).

Si è precisato, infatti, come la deindicizzazione della notizia possa rappresentare un utile strumento per coniugare la tutela della persona e il diritto all’informazione, che verrebbe leso laddove notizie superate dall’evoluzione dei fatti venissero rimosse dagli archivi on-line dei giornali. Ad essi, del resto, la Cassazione ha riconosciuto copertura costituzionale, in quanto funzionali – meglio se accompagnati da opportuni accorgimenti, come ad esempio l’omissione del nome dell’interessato, se non necessario – alla ricerca storica e, ad un tempo, espressione della più generale libertà di manifestazione del pensiero. Si è poi consolidato l’indirizzo volto a riconoscere i presupposti della deindicizzazione di notizie inerenti il procedimento penale, allorché al soggetto siano state concesse la non menzione della condanna o la riabilitazione, proprio al fine di consentirne il reinserimento sociale.

A tal proposito, il comma 25 dell’art. 1 della L. 27 settembre 2021, n. 134,  ha previsto - tra i criteri di delega cui il Governo dovrà dare attuazione - il diritto alla deindicizzazione in capo agli imputati assolti o agli indagati a seguito dell’emissione di un decreto di archiviazione e di una sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione.

Avv. Ginevra Proia

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