Il contratto di mutuo stipulato per atto pubblico notarile non può essere annoverato nella categoria dei titoli esecutivi di cui all’art. 474, comma 1, n. 2, c.p.c., sicché non può ritenersi di per sé idoneo a sorreggere l’esecuzione forzata, con conseguente necessaria declaratoria di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo.
Difatti, la somma oggetto di mutuo, mentre in una parte del predetto documento viene dichiarata come erogata, in altra, invece, viene indicata come ancora vincolata e giacente presso la banca - a garanzia dell’adempimento di tutte le condizioni poste a carico della medesima parte finanziata - e dunque, non disponibile, per il mutuatario. Difetta, pertanto, la traditio anche sotto il profilo della disponibilità giuridica poiché il mutuante non ha creato un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, sì da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo.
Dunque, il contratto de quo, non incorporando o fornendo la prova di un diritto di credito certo, liquido ed esigibile, è inidoneo, pur se stipulato con atto pubblico notarile, ad assumere efficacia di titolo esecutivo ai fini della restituzione coattiva delle somme promesse.
Lo ha stabilito il Tribunale di Pescara con la sentenza n. 17530 del 22.6.2017.
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