Avv. Daniele Franzini
La cointestazione di un conto corrente non trasferisce la titolarità del credito, poiché deve essere intesa come autorizzazione ad operare sul conto, ma non comporta la cessione del credito.
Lo ha stabilito la III Sezione Civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21963 pubblicata il 3 settembre 2019.
La Suprema Corte ha riformato la sentenza emessa dalla Corte d’Appello che aveva ritenuto, conformemente al Giudice di prime cure, che la cointestazione del conto corrente comportasse il trasferimento pro quota indivisa ai contestatari del credito. Nel caso sottoposto all’esame della Corte, la de cuius, prima di morire, aveva cointestato il proprio conto corrente a due discendenti che, con alcune operazioni di prelievo, avevano azzerato il saldo attivo e si erano appropriati delle somme presenti nel deposito titoli collegato al conto stesso.
Al decesso della signora, gli altri eredi legittimi si avvedevano del prelievo di tali somme e chiedevano in giudizio la loro restituzione per quote ereditarie, oltre al risarcimento dei danni, sostenendo si trattasse di appropriazione illegittima.
Il Tribunale di Venezia aveva riconosciuto l’indebita appropriazione, condannando i due eredi/convenuti alla restituzione della quota di 1/3 delle somme relative al dossier titoli e di parte del saldo attivo sul conto corrente.
A sostegno di tale decisione, il giudice di primo grado affermava che “gli importi di un conto bancario con annesso dossier titoli – intestato originariamente ad una unica persona e successivamente (prima della morte della stessa) cointestato ad altre due persone – dovessero ritenersi di proprietà pro quota indivisa di tutti e tre”.
Con l’ordinanza n. 21963 del 2019 la Suprema Corte, al contrario, ha dichiarato fondato il ricorso presentato dagli eredi legittimi non cointestatari e ha chiarito che la cointestazione è - di per sè - una mera dichiarazione rivolta alla banca. Nel caso in questione, nella dichiarazione rivolta alla banca dalla de cuius non risultava enunciata alcuna volontà di trasferire il credito e neppure la causa di tale cessione di credito, con conseguente nullità dell’ipotizzato contratto di trasferimento della proprietà.
Infine la Corte ha affermato il principio secondo cui “la cointestazione di un conto corrente, salvo prova di diversa volontà delle parti, è di per sé atto unilaterale idoneo a trasferire la legittimazione ad operare sul conto (e, quindi, rappresenta una forma di procura), ma non anche la titolarità del credito, in quanto il trasferimento della proprietà del contenuto di un conto corrente (ovvero dell’intestazione del deposito titoli che la banca detiene per conto del cliente) è una forma di cessione del credito e, quindi, presuppone un contratto tra cedente e cessionario”.
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