
Con l’ordinanza emessa in data 11 luglio 2025 il Tribunale di Lecco, adito a seguito dell’avvio da parte delle società ricorrenti della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, si è pronunciato sugli elementi rilevanti in sede di determinazione della durata delle misure protettive del patrimonio.
Il Giudice di Lecco, dopo aver ricordato che il Codice della crisi non attribuisce al Tribunale il sindacato sulla fattibilità del piano di risanamento, ma la “mera verifica della funzionalità delle misure richieste per il buon esito delle trattative volte al risanamento, alla luce di un mero “progetto” di piano, i cui elementi possono essere ancora relativamente incerti ed in evoluzione”, ha ritenuto giustificabile, in sede di conferma delle misure protettive del patrimonio, la concessione del termine di durata massimo (ovvero 120 giorni) ove sussista un “numero significativo” di creditori e ricorra la “complessità delle negoziazioni”.
La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa è una procedura di carattere privatistico e natura stragiudiziale, attivabile su base volontaria, originariamente introdotta nell’ordinamento con il decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118 (“Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147 e, successivamente, trasfusa nel Codice della crisi d’impresa.
La procedura è stata strutturata prevedendo che l’imprenditore sia - non sostituito, ma - affiancato da un esperto indipendente, munito di specifiche competenze, affidatario del compito di agevolare le “trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati”, al dichiarato scopo di individuare una “soluzione per il superamento delle condizioni” di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, “anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa e preservando, nella misura possibile, i posti di lavoro” (art. 12, co. 2, d.lgs. n. 14/2019).
La presenza di un soggetto terzo è stata intesa come funzionalizzata a fornire ai creditori e alle parti interessate un maggiore affidamento sull’assenza di (possibili) intenti dilatori da parte dell’imprenditore.
Gli sbocchi fisiologici della composizione negoziata sono: (i) la conclusione di un contratto con uno o più creditori, il quale sia, sulla scorta della relazione dell’esperto, idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; (ii) la conclusione di una convenzione di moratoria; (iii) il raggiungimento di un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto, purché l’esperto dia conto, attraverso la sottoscrizione, che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza.
Con l’istanza rivolta al Segretario generale della Camera di commercio e volta a ottenere la nomina dell’esperto l’imprenditore può domandare l’applicazione delle misure protettive del patrimonio, intendendosi tali quelle volte a “evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche prima dell’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” (art. 2, lett. p, d.lgs. n. 14/2019).
Una volta ottenuta la nomina dell’esperto, l’imprenditore deve domandare - con apposito ricorso - al tribunale competente la conferma delle misure protettive del proprio patrimonio.
In ipotesi di conferma il tribunale è tenuto a stabilirne la relativa durata, la quale deve essere non inferiore a 30 giorni e non superiore a 120 giorni. La durata può essere oggetto di proroga, fermo restando che la durata complessiva delle misure non può superare i 240 giorni.