Codice di Proprietà Industriale: i brevetti e le nuove sinergie tra mondo accademico ed imprese

Codice di Proprietà Industriale: i brevetti e le nuove sinergie tra mondo accademico ed imprese
Il Codice di Proprietà Industriale (“CPI”) è stato oggetto di una “mini-riforma” che interviene su aspetti specifici del sistema brevettuale e dei marchi di impresa. Il presente contributo ha lo scopo di analizzare la riforma nell’ottica di una migliore collaborazione tra università ed imprese, come stimolo alla competitività del Paese.

L’8 agosto 2023 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale le Legge di riforma del Codice di Proprietà Industriale (“CPI”) – L. n. 102 del 24 luglio 2023 – in vigore dal 23 agosto 2023. Si tratta di una “mini-riforma” quasi “chirurgica” dal momento che interviene su aspetti specifici del CPI, invero per lo più incentrati sul sistema brevettuale; la riforma ha l’obiettivo di rafforzare la “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo” - obiettivo indicato nel PNRR del 2021.

Lo strumento per raggiungere tale obiettivo parrebbe conseguito, da un lato, attraverso una maggiore razionalizzazione delle procedure (in termini di tempistiche e di semplificazione amministrativa); dall’altro, tramite il rafforzamento di forme di collaborazione tra mondo accademico e quello imprenditoriale.

L’abolizione del “Professor Privilege”: il nuovo art. 65 CPI.

Viene completamente ribaltata la disciplina in tema di invenzioni realizzate da ricercatori universitari ex art. 65 CPI che attribuiva loro il c.d. “Professor Privilege”, privilegio secondo cui la titolarità di ogni diritto (non solo morale, ma anche patrimoniale) derivante dalla invenzione spetterebbe ai soli ricercatori e non alla struttura di appartenenza.

Il nuovo art. 65 CPI prevede invece che i diritti patrimoniali derivanti da brevettazioni di invenzioni realizzate a) in costanza di rapporto di lavoro presso un ente di ricerca, università – anche non statale legalmente riconosciuta – un ente pubblico di ricerca o di ricovero e cura a carattere scientifico b) nel quadro di una convenzione tra detti soggetti, spettino alla struttura di appartenenza. La disposizione appare generica e dunque possibilmente riguarda tanto le invenzioni realizzate da ricercatori deputati specificamente ad attività inventiva, tanto quelle realizzate al di fuori di essa.

Qualora l'invenzione sia conseguita da più persone, i diritti patrimoniali da essa derivanti appartengono a tutte le strutture interessate e coinvolte, salva diversa pattuizione e ferma restando l’applicabilità delle regole in tema di comunione, come previsto ex art. 6 CPI. La diversa pattuizione potrebbe essere giustificata dall’assenza di interesse, da parte delle predette strutture, a conseguire la titolarità dei diritti patrimoniali dell’invenzione poiché (ad esempio) questa appare totalmente avulsa dal loro core business.

Ad ogni modo, l’inventore dovrà comunicare alla struttura di appartenenza l’oggetto dell’invenzione, la quale, entro sei mesi (termine prorogabile di altri tre) avrà onere di depositare la domanda di brevetto ovvero comunicare all’inventore l’assenza di interesse (commi 2 e 3 dell’art. 65 CPI).

Importante è anche la modifica dell’art. 65, comma 4, secondo cui è preservata l’autonomia delle parti nel disciplinare le modalità di gestione dei rapporti contrattuali nonché la gestione e la previsione di premialità connesse all’attività inventiva. La previsione di un equo premio connesso all’attività inventiva stimolerà la concorrenza sia all’interno delle strutture tra i ricercatori sia tra diversi istituti di ricerca.

Il comma 5 dell’art. 65 prevede, infine, che i diritti derivanti dall’invenzione saranno disciplinati da appositi accordi contrattuali allorché oggetto dell’accordo sia un’attività di ricerca commissionata, anche al fine di agevolare percorsi di trasferimento tecnologico e di valorizzazione delle invenzioni. Tali accordi contrattuali saranno redatti sulla base di Linee guida adottate il 26 settembre 2023 con decreto del Ministro delle Imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministero delle università e della ricerca. Tali Linee guida rappresentano non già principi inderogabili, ma mere direttive tese a orientare la negoziazione delle parti in funzione della concreta tipologia di ricerca e degli effettivi interessi coinvolti.

L’art. 65-bis: gli uffici di trasferimento tecnologico

Altra disposizione programmatica di rilievo è l’articolo 65-bis CPI, introdotto ex novo dall’art. 4 della “mini-riforma” secondo cui “le istituzioni universitarie e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, gli enti pubblici di ricerca ovvero gli IRCCS possono dotarsi, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, anche in forma associativa nell'ambito della propria autonomia, di un ufficio di trasferimento tecnologico con la funzione di promuovere la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale..”. L’istituzione di un ufficio di trasferimento tecnologico all’interno delle strutture di ricerca ha l’evidente obiettivo di rafforzare la capacità di sfruttamento delle invenzioni e la traslazione di esse al mercato merceologico di riferimento.

Rapporti tra brevetto italiano e brevetto europeo: la doppia brevettazione

La riforma in questione modifica anche la previgente formulazione dell'art. 59 CPI, che stabiliva la cessazione degli effetti del brevetto italiano e la preminenza ex lege del brevetto europeo nei casi in cui, sulla medesima invenzione, fossero state concesse, allo stesso inventore o al suo avente causa, entrambe le tipologie brevettuali. Il nuovo testo dell’art. 59 prevede ora il mantenimento degli effetti del brevetto italiano e la coesistenza di questo con quello europeo, per la medesima invenzione. Anche questa norma stimola la competitività, dal momento che gli inventori (o le strutture di appartenenza) avranno a disposizione un mezzo in più da far valere a protezione della loro invenzione dinanzi alla UPC (Unified Patent Court) di recente istituzione.

Avv. Maria Giorgia Mazzilli

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