Cessione dei crediti e trattamento dei dati: il principio di minimizzazione deve esser sempre rispettato

Cessione dei crediti e trattamento dei dati: il principio di minimizzazione deve esser sempre rispettato
Avv. Vincenzo Colarocco Con recente ordinanza (n. 34113/2019) del 19 dicembre 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di esprimersi circa il corretto (e doveroso) bilanciamento tra il trattamento dei dati personali connesso alle attività di recupero del credito ed il principio di minimizzazione dei dati, sottolineando la necessità di limitare le attività di trattamento ed il novero dei dati trattati a quanto strettamente necessario per il perseguimento delle finalità alla base della raccolta. Per quanto attiene al caso di specie sotteso alla pronuncia in esame, basti sinteticamente rilevare che, con sentenza del 2012, il Tribunale di Napoli condannava il Banco di Napoli s.p.a. a rifondere in favore dell’attore una cospicua somma di denaro dovuta a titolo di responsabilità pre-contrattuale, oltre al risarcimento dei danni quantificati nella somma di € 5.000,00 per violazioni della vigente normativa in materia di protezione dei dati personali. Tali violazioni sarebbero, in particolare, state perpetrate in relazione al trattamento dei dati dell’attore connesso alla fase della cessione del credito da parte dell’istituto bancario. Del medesimo avviso non risultava la competente Corte d’Appello evidenziando come, una volta eseguito il pignoramento immobiliare, risulterebbe inevitabile che la vicenda debitoria travalichi gli stretti ambiti del rapporto debitore-creditore, coinvolgendo tutti i possibili soggetto interessati all'acquisto del bene staggito. L’interessato de quo proponeva quindi ricorso per Cassazione adducendo, tra gli altri motivi d’impugnazione, anche la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e seg. del D. Lgs. del Codice Privacy (per tale intendendosi la versione ratione temporis vigente, antecedente alle modifiche apportate dal D. Lgs. 101/2018) in virtù dell’asserita circostanza per cui la Banca la Banca avrebbe segnalato l’interessato debitore a soggetti privati “acquirenti di crediti”, fornendo loro dati sensibili in ordine alla persona del debitore, alla sua abitazione e alla sua situazione debitoria. La Suprema Corte, quindi, nel rigettare le descritte doglianze, ha avuto modo di soffermarsi anche sull’attuale quadro normativo, rappresentando che il previgente “principio di necessità del trattamento”, di cui agli abrogati artt. 3 e 11 del Codice Privacy, sia stato recentemente riaffermato con l’entrata in vigore dell'art. 5 lett. c) del Regolamento UE 2016/679 (“GDPR”), a mente del quale i dati dovranno risultare “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati («minimizzazione dei dati»)”. La Cassazione, in più, si è espressa anche in ordine all’onere della prova circa la lamentata violazione del principio di minimizzazione dei dati, sottolineando come il ricorrente non avesse fornito alcuna dimostrazione in merito alla violazione del detto principio nell’ambito della comunicazione dei propri dati a soggetti terzi; ulteriormente rilevandosi che la Banca non potrebbe incorrere, a priori, in una violazione della normativa in ambito privacy “solo perché abbia fornito ai soggetti acquirenti del credito informazioni riguardanti la debitrice funzionali alla cessione del credito, quali la situazione debitoria, ubicazione dell'immobile vincolato alla garanzia del credito, etc.”.
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