Avv. Flaviano Sanzari
La Suprema Corte di Cassazione, con le recentissime sentenze n. 9806 e 9807 del 20 aprile 2018, è tornata ad analizzare il tema della responsabilità professionale in ambito sanitario, con particolare riferimento al c.d. “consenso informato” del paziente.
Nel primo caso in esame, avente ad oggetto un intervento di chirurgia estetica volto alla rimozione di un tatuaggio, il paziente lamentava di non essere stato adeguatamente informato in merito alla circostanza che il trattamento prescelto avrebbe comportato il residuare di una vistosa cicatrice.
La Corte, ribadendo che l’adeguato consenso rilasciato dal paziente deve ricomprendere altresì i profili relativi agli esiti successivi alla pratica chirurgica da adottarsi, evidenziava come dalle risultanze probatorie del caso di specie emergesse che il paziente fosse stato reso edotto circa l’ “esito cicatriziale” correlato all’intervento. Nessun addebito poteva quindi sostanziarsi in capo al professionista autore dell’intervento, avendo questi correttamente ottemperato al proprio dovere di informazione.
Nell’ulteriore vicenda qui analizzata, gli Ermellini si sono invece concentrati sugli aspetti risarcitori connessi all’accertata carenza di un consenso adeguatamente informato da parte dei genitori di un minore affetto da una rara patologia e sottoposto ad un delicato intervento chirurgico.
In particolare, è stato evidenziato come la violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente “con la necessaria e ragionevole precisione” in ordine alle conseguenze di un intervento, può causare due diversi tipi di danni: un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente -su cui grava il relativo onere probatorio- se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento; nonché un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, sussistente qualora, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute, vedendosi negare la possibilità di prepararsi adeguatamente all’intervento chirurgico – e alle relative conseguenze - affrontandolo con “maggiore e migliore consapevolezza”.
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