In assenza di una garanzia da parte del venditore, il valore delle azioni societarie non corrispondente al valore effettivo non configura né errore materiale di cui all'art. 1429 cc né il dolo, se quest'ultimo non è accompagnato da malizia o astuzia determinante l'errore stesso. Così si è pronunciata la Cassazione con ordinanza n. 17053 del 16 giugno scorso.
Il caso in esame
Il giudice di prime cure accoglieva la domanda di risoluzione del contratto ,che prevedeva il trasferimento di una quota societaria , poiché l'acquirente non aveva adempiuto all'obbligo di pagamento. Successivamente, la Corte territoriale confermava la decisione del giudice di primo grado, ribadendo l' inadempimento grave da parte dell'acquirente, il quale, pertanto, soccombente nei primi due gradi di giudizio, ricorreva in Cassazione, lamentando che i giudici di merito non avrebbero dovuto tenuto conto della sussistenza di numerosi debiti societari, di cui il venditore aveva taciuto durante la fase delle trattative, i quali avranno invece inciso sulla determinazione del prezzo di vendita dell'azienda.
Irrilevanza dell'errore in ordine al valore reale dell'azione societaria
Nell'ipotesi in cui, come nel caso in esame, il venditore non abbia prestato alcuna garanzia in ordine alla situazione patrimoniale della società le cui azioni erano oggetto di compravendita, il valore economico delle azioni, nonostante non fosse corrispondente al loro valore effettivo, non determina la sussistenza delle qualità dell'errore materiale elencato nel n. 2 dell'art. 1429 cc, che fa riferimento al comune apprezzamento e alle circostanze . Il valore di mercato delle azioni, infatti, può derivare non solo dal bilancio o dallo stato patrimonialedella società, ma altresì da una serie di elementi, quali, ad esempio, la possibilità di sviluppo dell'attività economica, l'andamento del mercato ovvero l'appartenenza della società ad un gruppo piuttosto che ad un altro e così via. Il dato che rileva è, pertanto, l'assenza di una garanzia da parte del venditore, che come conseguenze comporta che la determinazione del prezzo è rimessa alla libertà delle parti e che l'errore in ordine al valore reale dell'azione non assume alcuna rilevanza.
Le conclusioni della Suprema Corte
La Corte rigetta il ricorso, statuendo altresì che non può essere prevista, nel caso di specie, un'eventuale risoluzione del contratto, che sarebbe potuta essere determinata dalla sussistenza del dolore, quando da questo derivi un errore determinante del consenso, poiché il mendacio ovvero l'omissione in merito alla patrimoniale della società non è di per sé “sufficiente, in quanto per potersi configurare la situazione, è necessario che il mendacio ovvero l'omissione siano accompagnati da malizie o astuzie , volte a realizzare l' inganno voluto ” .
Avv. Andrea Bernasconi e Dott.ssa Evita Zaccaria