Avv. Vincenzo Colarocco
Il GIP del Tribunale di Torino, con una sentenza di giugno 2018, ha affrontato una questione quanto mai attuale: il dilagante fenomeno dello stalking via web.
Il caso in questione riguarda un uomo il quale, maturata una certa ossessione per una ragazza, arriva a creare un di lei falso profilo su Facebook, corredandolo di foto di una donna rassomigliante la malcapitata, al fine di inviare richieste di amicizia ad amici e conoscenti della ragazza simulando, in questo modo, una relazione sentimentale con la stessa. Invero, l’autore del profilo era già stato ammonito dal giudice per le molestie commesse contro la vittima: da tempo, infatti, sempre mediante l’utilizzo di social network o di comunicazioni via mail, la asfissiava con messaggi amorosi non graditi in alternanza ad altri minacciosi ed offensivi.
Una persecuzione in piena regola dunque, emersa con chiarezza dalle risultanze delle attività investigative compiute dalla polizia postale a seguito della denuncia-querela sporta dalla persona offesa, conclusasi per l’uomo con la condanna alla pena di quattro mesi di reclusione per “Atti persecutori” ex art. 612 bis del codice penale, fattispecie aggravata dall’uso di strumenti informatici e telematici.
A qualificare il comportamento criminoso come stalking ci sono diversi elementi, su tutti la reiterazione delle azioni e le conseguenze delle condotte contestate. Per dirsi integrata tale fattispecie di reato è necessario infatti che vengano posti in essere più atti molesti o minacciosi e che la condotta risulti tale da procurare alla vittima «un persistente stato di ansia ed agitazione» ed il «timore di subire atti lesivi della sua incolumità personale, con conseguente alterazione delle proprie abitudini di vita» (Cass. pen. Sez. V, 04/04/2013, n. 27798).
Ad aggravare la posizione del reo, poi, l’uso del social e l'aver protratto le attività delittuose per un periodo di tempo apprezzabile tanto da incidere sulla vita lavorativa, relazionale e affettiva della donna, costretta a stravolgere le proprie abitudini per fuggire a quell’accanimento.
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