L’Italia deve assicurare che le pubbliche amministrazioni, nelle loro transazioni commerciali con imprese private, rispettino termini di pagamento che non superino 30 o 60 giorni.
Lo Stato membro, nel recepire la direttiva 2011/7/UE, non può limitarsi a prevedere che, in caso di superamento dei suddetti termini, verranno riconosciuti interessi di mora e il risarcimento dei costi di recupero.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea – riunita in Grande Sezione – con la sentenza a definizione della causa C – 122/2018 (Commissione/Italia).
Nella sentenza in commento, la Commissione, alla quale operatori economici e associazioni di operatori economici italiani avevano rivolto varie denunce aventi ad oggetto i tempi eccessivamente lunghi in cui sistematicamente le pubbliche amministrazioni italiane saldavano le proprie fatture relative a transazioni commerciali con operatori privati, ha proposto dinanzi alla Corte di Giustizia un ricorso contro l'Italia per inadempimento.
Secondo lo Stato italiano, la direttiva 2011/7/UE non prevede a carico dello Stato membro l’obbligo di imporre alle pubbliche amministrazioni il rispetto di tale termine.
La Corte ha respinto tale interpretazione, sostenendo che tale obbligo si desume dalla volontà del legislatore di intervenire a sostegno delle imprese private, che affrontano costi e difficoltà, in ragione del mancato rispetto dei termini di pagamento delle pubbliche amministrazioni.
La Corte ha inoltre respinto la difesa italiana secondo cui le pubbliche amministrazioni non possono far sorgere, nelle loro transazioni commerciali (jure privatorum) e dunque al di fuori dei pubblici poteri, la responsabilità dello Stato cui appartengono.
Una tale interpretazione, ha motivato la Corte, priverebbe di effetti la direttiva 2011/7, che fa gravare proprio sugli Stati membri l’obbligo di assicurare l’effettivo rispetto dei termini di pagamento da esso previsti nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione.
Per queste ragioni, la Corte di Giustizia ha condannato lo Stato italiano, che avrebbe dovuto assicurare il rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni dei termini di pagamento delle transazioni commerciali con le imprese private.
Ora lo Stato italiano deve conformarsi a tale pronuncia; in difetto, la Commissione Europea potrebbe proporre un nuovo ricorso, chiedendo l’applicazione di sanzioni pecuniarie.
Avv. Daniele Franzini