Sul principio di unitarietà dei segni distintivi tra marchio e nome di dominio

Sul principio di unitarietà dei segni distintivi tra marchio e nome di dominio

Avv. Silvia Perra

La vicenda ha inizio quando nel 1999 la signora G.S., attiva nel settore giornalistico, registrava il segno “grazia.net” al fine di utilizzarlo sia come marchio che come nome di dominio per identificare l’omonimo sito web.

Mondadori, ritenendo che tale segno costituisse contraffazione del proprio marchio registrato sin dagli anni 60’ “Grazia”, come noto, identificante la rivista di moda e di life style femminile, proponeva azione giudiziale al fine di ottenere l’inibizione dell’uso da parte della signora S.G. della medesima denominazione.

Il Tribunale di Milano si pronunciava preliminarmente sull’eccezione di convalidazione ex art. 28 c.p.i. formulata dalla signora S.G., ricordando che l’istituto avrebbe potuto operare esclusivamente in ordine ai marchi registrati e non anche ai marchi non registrati ovvero ai segni atipici quali i nomi a dominio. Difatti, poiché il marchio “grazia.net” risultava non più registrato dal 2009 per mancato rinnovo, il giudice accertava la convalidazione limitatamente agli utilizzi fatti anteriormente alla suddetta data, in quanto Mondadori sarebbe risultata essere effettivamente a conoscenza dell’esistenza e dell’utilizzo di tale segno almeno a decorrere dal 2000.

Ciò nonostante, i giudici sostenevano comunque che l’utilizzo del segno ‘grazia.net’ in tutto il periodo successivo al 2009 come marchio non registrato e come nome a dominio dovesse essere considerato in contraffazione con il marchio ‘Grazia’ dell’attrice ai sensi dell’art. 20 co. 1 Lett. b) CPI: il segno era, difatti, simile a quello della Mondadori e finalizzato a contraddistinguere il sito web della convenuta sovrapponibile, per tematiche trattate e pubblico di riferimento interessato, a quello della nota rivista ‘Grazia’ edita dall’attrice.

La decisione del Tribunale veniva parzialmente riformata in appello in virtù della circostanza che il marchio contestato fosse stato registrato in mala fede e che, di conseguenza, non potesse applicarsi ad esso la convalidazione ex art. 28 CPI, neppure per il periodo antecedente al suo mancato rinnovo. In altri termini, secondo il Collegio giudicante, la sig.ra S.G. aveva registrato il proprio segno con l’intento di agganciare il pubblico della nota rivista ‘Grazia’, come peraltro dimostrava il fatto che questo fosse stato utilizzato come mega-tag per rendere il sito più facilmente raggiungibile a seguito di una ricerca sul web. Di contro, la circostanza che Mondadori avesse tollerato l’utilizzo del segno simile non sarebbe stata tale da assumere alcuna rilevanza ai fini della convalidazione. La Corte d’appello di Milano dichiarava così illegittimo l’utilizzo del marchio e del nome a dominio ‘grazia.net’.

Contro tale pronuncia proponeva ricorso in Cassazione la sig.ra S.G. sul presupposto che il giudice d’appello avesse applicato l’art. 28 CPI erroneamente, escludendo l’avvenuta convalidazione del segno “grazia.net”. I giudici di legittimità, come quelli di secondo grado, hanno tuttavia confermato l’inoperatività della convalida del segno distintivo “grazia.net” in quanto incontestabile la mala fede della ricorrente il cui intento era proprio quello di sfruttare la notorietà del marchio ‘Grazia’, registrato diversi decenni prima del proprio, al fine di trarne un indebito vantaggio. Ciò in quanto, secondo la Corte, sarebbe stato innegabile il carattere rinomato del marchio anteriore “Grazia” di titolarità di Mondadori, come del resto, la circostanza che tale segno fosse stato integralmente ripreso dal marchio posteriore “grazia.net”.

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