“Soddisfatti o rimborsati”: il punto della CGUE sulla garanzia nei confronti del consumatore

“Soddisfatti o rimborsati”: il punto della CGUE sulla garanzia nei confronti del consumatore
Un professionista/venditore può avere un obbligo di garanzia nei confronti di un consumatore che ha acquistato online un prodotto, ma poi si è dichiarato non soddisfatto? La Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiarisce i limiti dell’operatività della garanzia “soddisfatti o rimborsati” (sentenza del 28 settembre 2023, causa C-133/22).

Continua il nostro focus in materia consumeristica e così, dopo un primo articolo di approfondimento in tema di recesso del consumatore nei contratti conclusi a distanza, è interessante analizzare una ulteriore sentenza della Corte di Giustizia UE in tema di garanzia del consumatore (CGUE del 28 settembre 2023, C-133/22).

Chiamata, infatti, a pronunciarsi in via pregiudiziale su domanda della Corte suprema tedesca, la Corte di giustizia dell’Unione Europea fornisce interessanti chiarimenti in merito alla interpretazione dell’articolo 2, punto 14, della direttiva 2011/83 sui diritti dei consumatori.

Il caso

Il caso trae origine da una controversia tra una società tedesca che vende articoli per lo sport e il fitness nei confronti di una seconda società tedesca, concorrente, anch’essa distributrice di prodotti analoghi. Quest’ultima – chiarisce la CGUE – infatti “distribuisce, tramite dettaglianti e commercianti online, articoli per lo sport e il fitness”; in particolare, magliette su cui è apposta una garanzia a vita con la seguente dichiarazione: “(…) Nel caso non siate completamente soddisfatti di uno dei nostri prodotti, vi invitiamo a restituirlo al rivenditore presso il quale lo avete acquistato. Potete anche restituirlo direttamente [ndr. alla suddetta società], ma ricordatevi di indicare dove e quando lo avete acquistato”.

Ebbene, ritenendo tali informazioni non conformi ai requisiti legali di una dichiarazione di garanzia e ritenendo sleale tale pratica commerciale, la prima società presenta una azione inibitoria avanti al Tribunale del Land di Monaco I affinché la seconda cessi di apporre sui prodotti tali cartellini. La questione – respinta in quella sede – giunge al Tribunale superiore del Land di Monaco e infine al Bundesgerichtshof, la Corte federale di giustizia tedesca. Quest’ultima sospende il procedimento e sottopone alla Corte di Giustizia UE alcune questioni pregiudiziali: in particolare – rileva la Corte federale – è opportuno chiarire la nozione di garanzia ai sensi dell’articolo 2, punto 14, della direttiva 2011/83 (peraltro analoga a quella ai sensi dell’articolo 2, punto 12, della direttiva 2019/771, che la ha sostituita). In altre parole, i giudici tedeschi domandano alla CGUE se il concetto di garanzia ai sensi della normativa europea possa ricomprendere qualsiasi impegno assunto dal garante (venditore/produttore) nei confronti del consumatore, che sia “correlato a circostanze inerenti alla persona del consumatore” (come la sua soddisfazione rispetto al bene acquistato) “senza che tali circostanze personali siano necessariamente connesse con le condizioni o le caratteristiche del bene”. In aggiunta, in caso di risposta affermativa, gli stessi giudici domandano in che modo tali circostanze vadano provate per potere validamente attivare tale garanzia.    

L’analisi della Corte di giustizia UE

Prima di approfondire l’esame della CGUE è bene richiamare l’art. 2, punto 14, della direttiva 2011/83, che definisce “garanzia”: “qualsiasi impegno di un professionista o di un produttore («garante»), assunto nei confronti del consumatore, in aggiunta agli obblighi di legge in merito alla garanzia di conformità, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene, qualora esso non corrisponda alle caratteristiche, o a qualsiasi altro requisito non relativo alla conformità, enunciati nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità disponibile al momento o prima della conclusione del contratto”.

Alla luce di ciò, la Corte evidenzia come una formulazione del genere non possa escludere dal proprio ambito di applicazione l’impegno del professionista in relazione alla soddisfazione del consumatore. Infatti, la “garanzia” sopra definita ricomprende “qualsiasi impegno” assunto dal garante “in aggiunta agli obblighi di legge”, non solo in merito alla garanzia di conformità del bene, ma anche in relazione “a qualsiasi altro requisito non relativo alla conformità”. Tale ultima espressione (“qualsiasi altro requisito non relativo alla conformità”) può infatti includere – a detta della Corte – anche la mancata soddisfazione delle aspettative soggettive del consumatore nei confronti del prodotto acquistato, ciò, peraltro, “a prescindere da qualsiasi considerazione oggettiva relativa alle caratteristiche o qualità del bene”.

Non solo. La Corte ricorda anche che, al fine di assicurare un elevato livello di tutela del consumatore, la normativa europea prevede che, tra le informazioni che il professionista deve fornire al consumatore prima dell’acquisto, vi siano anche quelle relative alla garanzia (art. 6, par. 1, lett. m, direttiva 2011/83). Ebbene – prosegue la Corte – una interpretazione del concetto di garanzia come quella sopra esposta è conforme all’obiettivo perseguito dalla direttiva poiché consente al consumatore, da un lato, di conoscere in anticipo le condizioni del contratto che intende concludere e, dall’altro, di ottenere dal professionista il rimborso del prezzo di acquisto tramite una semplice dichiarazione di insoddisfazione, rafforzandone la tutela nei confronti del professionista.

E ancora. La Corte evidenzia poi come “l’impegno di un professionista di riprendere il bene acquistato in caso di mancata soddisfazione del consumatore interessato costituisce un’espressione della libertà di impresa di tale professionista” ai sensi dell’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – elemento anch’esso da rispettare nell’interpretazione della direttiva 2011/83 per garantire un giusto equilibrio tra la competitività delle imprese e un elevato standard di tutela dei consumatori.

Da ultimo – affrontando la seconda domanda posta dai giudici tedeschi, ossia se la mancata soddisfazione del consumatore vada provata oggettivamente per potere validamente attivare la garanzia – la CGUE evidenzia come la mancata soddisfazione del consumatore rispetto al bene non possa per definizione essere verificata oggettivamente. In altre parole, affinché la garanzia possa essere attivata, la semplice affermazione del consumatore circa la sua mancata soddisfazione deve essere considerata sufficiente.       

Le conclusioni della Corte

All’esito di tali considerazioni, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ritiene che l’art. 2, punto 14, della direttiva 2011/83 vada interpretato nel senso che la nozione di garanzia include nel concetto di “qualsiasi altro requisito non relativo alla conformità, enunciat[o] nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità disponibile al momento o prima della conclusione del contratto” anche l’impegno del professionista verso il consumatore relativo anche a circostanze inerenti la persona di quest’ultimo [ndr. del consumatore] (come la sua soddisfazione rispetto al bene acquistato), “lasciata alla sua valutazione personale” e senza che la stessa debba essere verificata in modo oggettivo.

Avv. Francesca Folla   

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