Si consolida l’interpretazione restrittiva del regime decadenziale previsto dall’art. 32 della legge 183/2010 in caso di interposizione, secondo il quale non trovi applicazione il doppio termine di decadenza dell’impugnazione in assenza di una comunicazione scritta equipollente ad un atto di recesso.
Un lavoratore adiva il Tribunale di Viterbo al fine di accertare l’illegittimità del licenziamento intimatogli da una azienda del settore edile richiedendo la tutela reale sulla base di una dedotta codatorialità.
Il Tribunale respingeva il ricorso con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Roma che condivideva il rilievo del giudice di primo grado per il quale la domanda di reintegra del lavoratore alle dipendenze di un datore di lavoro diverso da quello formale era assoggetta al regime di decadenza previsto dall’art. 32 della legge 183/2010.
La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza dell’8 agosto 2022 n. 24437, nell’accogliere il ricorso del lavoratore, richiamato il recente orientamento per il quale il regime di decadenza non opera in assenza di una comunicazione scritta equipollente ad un atto di recesso da parte del datore di lavoro interponente, ha rilevato che i suddetti principi trovano applicazione anche nel caso in cui si deduca l'esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, anche in presenza di più imprese appartenenti ad uno stesso gruppo societario.
L’assenza di un provvedimento scritto o di atto equipollente che neghi tale situazione, consente di ritenere sufficiente l'impugnativa stragiudiziale del licenziamento indirizzata unicamente nei confronti del formale datore di lavoro.
Avv. Nicoletta Di Lolli