Ritardo nella contestazione disciplinare: il fatto è “insussistente”

Ritardo nella contestazione disciplinare: il fatto è “insussistente”
Avv. Francesca Frezza Il fatto non tempestivamente contestato ex art. 7 L. n. 300/70 deve essere considerato come “insussistente” non possedendo l’idoneità ad essere verificato in giudizio. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 2513 del 31 gennaio 2017. La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte riguardava una lavoratrice delle Poste Italiane S.p.a. la quale, ottenuto il ripristino del rapporto a tempo interminato per effetto dell’illegittimità del termine apposto al contratto, manifestava la propria disponibilità a riprendere servizio presso la sede ove aveva operato a tempo determinato, ma veniva trasferita dalla società in altra sede, situata in diversa regione (Calabria). La lavoratrice non vi si recava e le Poste, dopo 15 mesi dalla mancata presa di servizio presso la nuova sede, contestavano alla medesima l’assenza ingiustificata per oltre 60 giorni. Il giudizio di merito si concludeva in sede di reclamo con la declaratoria di illegittimità del licenziamento e la condanna della società alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro ed al risarcimento ex art. 18, comma 4, St. lav. Con ricorso per Cassazione il datore di lavoro, tra le altre, lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 St. lav. dal momento che nella novella del 2012 il legislatore aveva previsto per il licenziamento inefficace per violazione dell’art. 7 St. lav. la tutela indennitaria (6-12 mensilità di retribuzione) e non quella reale. Cassazione , offrendo una interpretazione del tutto innovativa, respingeva il motivo di ricorso con la seguente motivazione: “un fatto non tempestivamente contestato ex art. 7 L. n. 300/70 non può che essere considerato come “insussistente” non possedendo l’idoneità ad essere verificato in giudizio. Si tratta in realtà di una violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro a carattere radicale che, coinvolgendo i diritti di difesa del lavoratore, impedisce in radice che il Giudice accerti la sussistenza o meno del “fatto”, e quindi di valutarne la commissione effettiva, anche a fini della scelta tra i vari regimi sanzionatori. Non essendo stato contestato idoneamente ex art. 7 il “fatto” è tamquam non esset e quindi “insussistente” ai sensi a dell’art. 18 novellato. Sul piano letterale la norma parla di insussistenza del “fatto contestato” (quindi contestato regolarmente) e quindi, a maggior ragione, non può che riguardare anche l’ipotesi in cui il fatto sia stato contestato abnormente e cioè in aperta violazione dell’art. 7”. Secondo la Suprema Corte, quindi, se il datore contesta il fatto idoneo a determinare una condotta colpevole del lavoratore con eccessivo ritardo, quella condotta non può essere più considerata disciplinarmente rilevante, anzi non esiste più.
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