Avv. Francesca Frezza
Un lavoratore affetto da alcune gravi patologie, che aveva ottenuto di svolgere mansioni meno gravose, veniva licenziato dalla società datrice di lavoro dopo essere stato sorpreso a giocare a tennis.
Il Tribunale di Gorizia accoglieva la domanda di reintegra nel posto di lavoro in quanto riteneva che non era stata raggiunta la prova della incompatibilità dell’attività sportiva con le limitazioni fisiche da cui era affetto il lavoratore.
La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Trieste che escludeva, all’esito di una consulenza tecnica, l’incidenza dell’attività sportiva sulle condizioni invalidanti.
La Corte di Cassazione, nel ritenere non pertinente un proprio arresto attinente una fattispecie similare nella quale l’attività sportiva era stata ritenuta potenzialmente lesiva e quindi posta in essere in violazione degli obblighi di protezione degli interessi del creditore, ha respinto il gravame.
La Suprema Corte con la decisione del 16 gennaio 2018 n. 836, nel respingere il ricorso ha affermato che, al di là di considerazioni teoriche sull'idoneità lesiva del tennis, la mancata dimostrazione di dati concreti che consentissero di individuare e quantificare un pregiudizio effettivo od anche solo potenziale alle condizioni di salute del lavoratore dalla attività sportiva pratica rendeva legittima la pratica dell’attività oggetto della contestazione.
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