La sopraelevazione non autorizzata di un edificio comporta la condanna alla riduzione in pristino

La sopraelevazione non autorizzata di un edificio comporta la condanna alla riduzione in pristino
Una recentissima sentenza della Suprema Corte (Cass. Civ., ordinanza n. 12795 del 11.5.2023) stabilisce che la sopraelevazione non autorizzata di un edificio modifica l’originario aspetto architettonico e viola le restrizioni imposte dal regolamento condominiale di natura contrattuale; pertanto, l’opera è illegittima e comporta la condanna alla riduzione in pristino.
I fatti e le vicende processuali

Nell’ambito di una causa, un Condominio chiamava le comproprietarie di un appartamento chiedendo la rimozione di una veranda realizzata nella loro abitazione, in violazione della legge e del regolamento condominiale, in quanto pregiudicante l’aspetto architettonico dell’edificio. Ed infatti le proprietarie avevano ottenuto l’autorizzazione condominiale per l’installazione di una copertura in lamiera e non, come invece realizzato, una struttura in vetro e muratura. Il Condominio chiedeva pertanto la condanna delle comproprietarie al pagamento di un indennizzo per la sopraelevazione non autorizzata. Il Tribunale rigettava la richiesta, decisione confermata anche dalla Corte d’Appello che rilevava che il manufatto, sebbene fosse stato realizzato in difformità di quello consentito dall’assemblea condominiale, non alterava l’aspetto architettonico ed il decoro dell’edificio, in quanto i materiali si inserivano perfettamente nell’architettura dello stesso.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Proponeva ricorso per Cassazione il Codominio, secondo il quale la delibera condominiale era stata presa solo per ovviare alle lamentate infiltrazioni di acqua ed aveva autorizzato solo una pensilina amovibile a parziale copertura del terrazzo. La copertura realizzata, invece, modificava l’originario assetto architettonico dell’edificio ed era stata, pertanto, illegittimamente realizzata.

Secondo la Corte la sopraelevazione (ex art. 1127 c.c.) comprende non solo la realizzazione di nuovi piani, ma anche quello della trasformazione di locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie. È costante orientamento della Corte quello di ritenere che il regolamento di condominio c.d. “contrattuale”, qualora abbia ad oggetto la conservazione dell’originaria facciata architettonica dell’edificio condominiale - comprimendo così il diritto di proprietà dei singoli condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificatrice - stabilisce in tal modo una tutela pattizia ben più intesa e rigorosa di quella apprestata al solo “decoro architettonico” di cui all’art. 1120 cod.civ.. Si ricorda qui per inciso che il regolamento di condominio c.d. contrattuale è quello che viene redatto dall'originario costruttore dell'edificio e che viene fatto approvare direttamente agli acquirenti al momento del rogito. Il regolamento contrattuale non viene approvato in sede di assemblea ed è approvato, invece, all'unanimità.

Per concludere: la conseguenza che ne deriva è che la realizzazione di opere esterne rappresenta di per sé una modificazione non consentita dell’originario assetto architettonico, che giustifica la condanna alla restituzione allo stato originario in caso di sua violazione.

Avv. Paola Cattorini

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