La natura ritorsiva del licenziamento fondato su un motivo illecito può desumersi anche per via presuntiva

La natura ritorsiva del licenziamento  fondato su un motivo  illecito può desumersi anche per via presuntiva
Avv. Francesca Frezza Un lavoratore, dopo un lungo periodo di assenza per  malattia, protrattosi per quasi sei mesi, riceveva al momento del suo rientro in servizio, una lettera di licenziamento motivata dalla scelta organizzativa di chiudere il settore produttivo. Il lavoratore, ritenuta la ritorsività del licenziamento, adiva il Tribunale di Firenze che respingeva il ricorso con sentenza  riformata dalla Corte  di Appello fiorentina. La Corte territoriale, in accoglimento del reclamo presentato dal lavoratore, ritenuta l'infondatezza delle ragioni addotte, dichiarava, infatti, nullo il licenziamento intimato riconoscendone la natura ritorsiva ed, in applicazione del primo comma dell’art. 18 Stat. Lav., condannava la società alla reintegra sul posto di lavoro e alla corresponsione delle retribuzioni dal giorno del licenziamento sino alla reintegra. La Corte di Cassazione, con sentenza del 23 settembre 2019 n. 23583, nel richiamare il proprio orientamento per il quale ai fini della nullità del licenziamento perché adottato per motivo illecito determinante ex art 1345 c.c., occorre che il provvedimento espulsivo sia stato determinato esclusivamente da esso, ha respinto il ricorso della società. Premesso che il motivo illecito può ritenersi esclusivo e determinante quando il licenziamento non sarebbe stato intimato se esso non ci fosse stato, e quindi deve costituire l’unica effettiva ragione del recesso, la Suprema Corte ha rilevato che la prova di tale rapporto può desumersi sulla base di una presunzione. Nel caso in esame, la sentenza impugnata aveva fatto corretta applicazione di tali principi, poiché, dopo avere escluso la sussistenza in concreto del giustificato motivo oggettivo addotto da parte datoriale a fondamento del recesso, ha posto in relazione tra loro gli elementi indiziari acquisiti al giudizio, affermando che si trattava di "...valutare complessivamente la vicenda..." e di applicare le "regole di esperienza poste a base del ragionamento presuntivo", per cui il licenziamento del reclamante, dal punto di vista oggettivo e soggettivo, non presentava altra spiegazione che il collegamento causale con l'assenza per malattia.
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