Avv. Francesca Frezza
L'ambito di applicabilità oggettiva dell'art. 32, secondo comma, legge n. 183 del 2010 si riferisce alle ipotesi di stretta invalidità (rectius, nullità) menzionate dall'art. 18, comma 1, St. Lav. come modificato, essendo tale opzione interpretativa maggiormente coerente con la descritta evoluzione normativa e con i canoni interpretativi previsti dall'art. 12 Preleggi.
Un dirigente licenziato per giusta causa adiva il Giudice del lavoro, spirato il termine di decadenza per promuovere l’azione stabilito dall’art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604. La sentenza con la quale il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di pagamento dell’indennità supplementare veniva riformata in sede di appello in quanto la Corte territoriale riteneva sussistere la eccepita decadenza per la tardività del deposito del ricorso.
La Cassazione con sentenza n. 395 del 13 gennaio 2020, ha annullato la decisione rilevando che l’ espressione “invalidità” introdotta dalla novella attuata dall’art. 32 legge 183/2010 vada interpretata in senso stretto . Il termine di decadenza introdotto si deve quindi ritenere riferito ai soli licenziamenti la cui illegittimità comporti la reintegrazione.
L’articolo 32, comma 2, della legge 183/2010 ha, in effetti, esteso l’applicazione della nuova disciplina sulla decadenza «anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento» che sono estranei alla nozione di ingiustificatezza del licenziamento stabilita dalla contrattazione dei dirigenti.
La Corte di legittimità ha quindi escluso che la tutela indennitaria prevista dai contratti collettivi rientri nel perimetro di “invalidità dei licenziamenti” per il quale, viceversa, opera il regime decadenziale.
La Cassazione, pertanto, ha concluso che il termine decadenziale trovi applicazione nei confronti dei dirigenti solo nel caso in cui venga richiesta la rimozione degli effetti del recesso ai fini di una ricostituzione del vincolo contrattuale.
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