Il mancato raggiungimento degli obiettivi non costituisce prova di rilevante scarso rendimento

Il mancato raggiungimento degli obiettivi non costituisce prova di rilevante scarso rendimento
Avv. Francesca Frezza Un lavoratore che prestava attività lavorativa in favore di un istituto di credito sulla base di un contratto di agenzia, adiva il Tribunale di Milano al fine di vedere accertare la natura subordinata della prestazione e l’illegittimità della risoluzione del contratto comunicatagli dalla banca a fronte del mancato raggiungimento degli obiettivi. Il Tribunale, nell’accogliere parzialmente la domanda del lavoratore, dichiarava la natura subordinata del rapporto e, dichiarata l’illegittimità del licenziamento, condannava l’istituto di credito al pagamento dell’indennizzo. La Corte di Appello di Milano nel confermare la decisione di primo grado, riteneva insufficiente il mancato raggiungimento degli obiettivi al fine di ritenere dimostrata la negligenza della prestazione e, confermata l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro, ribadiva la condanna dell’istituto di credito al pagamento di un indennizzo. La Corte di Cassazione con sentenza n. 31487 del 5 dicembre 2018 ha respinto il ricorso dell’istituto bancario affermando che il mancato raggiungimento degli obiettivi può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione sulla scorta di una valutazione complessiva dell’attività resa per un apprezzabile periodo tempo, precisando inoltre che, ai fini del licenziamento, deve essere provata una evidente violazione, in concreto esclusa dalla corte territoriale, della diligente collaborazione dovuta dal dipendente in conseguenza della enorme sproporzione  tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione del lavoratore e quanto realizzato dagli altri lavoratori  ed indipendentemente dal raggiungimento di una soglia minima di produzione. La Suprema  Corte ha altresì respinto il  ricorso incidentale del lavoratore che censurava la decisione della Corte di Appello per non avere disposto la reintegra nel posto di lavoro per insussistenza del fatto addebitato. I Giudici di legittimità hanno respinto il ricorso del lavoratore sul rilievo che in presenza di una prova dell’inadempimento derivante dal mancato raggiungimento degli obiettivi la corte territoriale aveva ritenuto che il lavoratore non aveva dimostrato che lo scostamento era imputabile a fattori esterni o a condotte della stessa banca. L’annullamento del licenziamento sulla base di una valutazione di sproporzionalità della condotta escludeva quindi di potere ritenere l’insussistenza del fatto contestato.  
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