La governance come presupposto per investimenti sostenibili
L’acronimo ESG comprende i tre elementi che, secondo le più recenti teorie economiche, consentono alle imprese di condurre politiche societarie volte ad uno sviluppo sostenibile. In particolare, uno di questi fattori riguarda il primo e fondamentale aspetto che un’impresa deve imprescindibilmente porre alla base di investimenti socialmente responsabili: la governance.
La struttura societaria costituisce la cornice istituzionale dell’impresa e, secondo l’approccio ESG, per far sì che quest’ultima possa adottare efficacemente strategie improntate al rispetto e alla valorizzazione degli altri due fattori (Environmental e Social) è necessario che la governance sia guidata anche da princìpi etici quali strategie di retribuzione eque, il rispetto della meritocrazia e dei diritti degli azionisti di minoranza, politiche di diversità e la trasparenza del processo decisionale dell’organo di gestione. Una governance così regolata rappresenta per la società la base di un’identità aziendale che possa essere percepita positivamente da soggetti sia interni alla struttura (dipendenti e azionisti) sia esterni alla stessa (investitori, agenzie di rating ESG, ecc..).
Una governance fondata su principi etici e in linea con i parametri ESG è innegabilmente un elemento incentivante per gli investitori e gli istituti finanziari. Tali soggetti sono sempre più propensi ad allocare capitali e selezionare società dotate di un’organizzazione che, in quanto imperniata sull’inclusione e sul rispetto dell’ambiente, quasi certamente condurrà a politiche di sviluppo sostenibile. Nel contesto economico-finanziario più recente, in cui la flessione “pandemica” ha costretto tutti gli attori in campo a individuare nuove vie per una ripartenza dinamica, è possibile osservare come alcuni tra i più importanti fondi scelgano con target per i propri investimenti aziende la cui governance sia incentrata su principi etici e orientata verso progetti “ESG compliant”. Un esempio di rilievo è costituito dal fondo BlackRock. Nei primi mesi del 2020, i vertici decisionali del Fondo hanno preso una posizione netta, da un lato, comunicando l’intenzione di investire in imprese le cui strategie e struttura societaria siano ispirate ai criteri ESG e, dall’altro lato, stilando una black list di 244 società che stanno compiendo progressi insufficienti nell’adozione di politiche ESG. La medesima policy è stata inoltre adottata da Morgan Stanley che, sempre nel corso del 2020, ha annunciato che investirà in fondi allineati all’obiettivo di emissioni nette pari a zero, impegnandosi sul lungo periodo (entro il 2050) a raggiungere zero emissioni nette finanziate.
Come si è appena evidenziato, una governance fondata sui principi di trasparenza, meritocrazia e rispetto delle diversità rappresenta il fondamento per adottare e perseguire delle politiche ESG. Tuttavia è ben possibile che una società, i cui azionisti di maggioranza e organi di gestione non siano propensi a compiere investimenti socialmente responsabili, sia in qualche modo costretta a rivedere le proprie strategie (i) a causa dell’attività compiuta da soci attivisti o (ii) per conformarsi alle decisioni di organi giurisdizionali. Questa inversione di tendenza obbligata si è registrata in particolare per le società petrolifere, le cui attività difficilmente si sposano con il paradigma ESG.
Nel maggio del 2021, nell’ambito della compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil (presente nella black list stilata da BlackRock) una cordata di soci c.d. “attivisti”, guidata dal piccolo fondo Engine n. 1 (rappresentante lo 0,02% del capitale di Exxon), ha evidenziato – nel corso dell’assemblea annuale dei soci – l’inadeguatezza delle strategie societarie rispetto al tema del climate change e la scarsa attenzione verso i fattori ESG, promuovendo una lista di suoi candidati per il board della società, al fine di invertire la tendenza. La battaglia dei soci attivisti ha portato, nonostante l’opposizione dei vertici del gruppo, all’elezione di tre componenti su 12 del board Exxon.
Nel medesimo periodo, a riprova dell’importanza della tematica ambientale, un cambio di strategia è stato imposto ad una società petrolifera da un soggetto esterno, vale a dire da un organo giurisdizionale. In particolare, il Tribunale dell’Aja ha rilevato che le emissioni di anidride carbonica del colosso Shell (già Royal Dutch Shell) contribuiscono in misura rilevante al riscaldamento globale e ha conseguentemente ordinato alla compagnia la riduzione delle stesse, entro la fine del 2030, del 45% rispetto ai livelli del 2019, cioè di una percentuale decisamente più consistente rispetto a quella precedentemente deliberata dal board di Shell pari al 20% rispetto ai livelli del 2019.
Conclusioni
Gli investimenti socialmente responsabili, le tutela ambientale e il miglioramento delle condizioni sociali rivestono, oggi più che mai, un ruolo centrale nelle strategie delle imprese. Ma è di palmare evidenza che questi obiettivi possono essere raggiunti in maniera soddisfacente e in tempi ragionevoli soltanto se perseguiti da governance fondate su principi di rispetto ambientale, trasparenza, e uguaglianza.
Avv. Andrea Bernasconi e Avv. Edoardo Pollara Tinaglia