Avv. Vincenzo Colarocco
Già dall’inizio del mese si era diffusa sul web la notizia di un imminente attacco “multiplo” organizzato da parte di Anonymous Italia nei confronti degli Ordini degli avvocati: cinque giorni di progressivi attacchi aventi ad oggetto credenziali di autenticazione che hanno colpito gli Ordini di Matera, Piacenza, Caltagirone e Roma in data 7 maggio 2019, gli hacker di Anonymous hanno reso noto sul loro blog di aver violato la posta elettronica certificata (PEC) di 30.000 avvocati iscritti all'Ordine di Roma: trattasi di un attacco organizzato per celebrare l’anniversario della cattura di alcuni di loro, avvenuta nel maggio 2015.
La vicenda ha suscitato particolare preoccupazione tra i professionisti dal momento che l’accesso è avvenuto su caselle di posta certificata (mediante inserimento del nome utente e della password assegnata in fase di prima registrazione) con una conseguente violazione del segreto professionale (artt. 13 e 28 del Codice deontologico forense). Difatti, l’avvocato –in qualità di titolare del trattamento- deve prevedere tutte le misure necessarie per garantire la confidenzialità, integrità e disponibilità dei dati personali. Ancor di più, se la stragrande maggioranza dei trasferimenti di dati (anche personali) avviene, proprio attraverso l’utilizzo della posta elettronica. Per tale motivo, occorre che gli utilizzatori assicurino un livello di sicurezza adeguato al rischio (art. 32 del GDPR) in un’ottica di accountability, verificando la sicurezza del sistema informatico sul quale i file sono memorizzati in formato digitale. A mero titolo esemplificativo, con la previsione di una password minima di 8 caratteri contenenti maiuscole, lettere minuscole, numeri e caratteri speciale; non condividerla; non scriverla chiaramente su un foglio; evitare la pre-registrazione; cambiarla regolarmente, etc. Ciò significa, ad esempio, che anche l’adozione di criteri e procedure di trattamento certe e di una formazione adeguata allo studio legale o sul singolo professionista, può precostituire una prova della conformità del trattamento al fine di evitare pesanti sanzioni e/o violazione dei dati personali (art. 33 e 34 del GDPR).
Nel caso di specie, al momento non si ha notizia dell’apertura di un fascicolo di indagine da parte della Procura della Repubblica. Sulla vicenda si è già espresso il vice presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma Antonino Galletti: “L’attacco informatico subito dall'Ordine degli Avvocati di Roma rappresenta una gravissima violazione non solo della privacy degli iscritti e dell'integrità dell'Istituzione forense, ma anche una violazione penalmente rilevante di un diritto costituzionalmente garantito, quale quello dell'inviolabilità della corrispondenza. In questo momento, i tecnici della azienda di software che fornisce l'infrastruttura tecnologica all'Ordine forense romano sono al lavoro insieme ai funzionari della polizia postale per verificare l'entità del danno e chiudere la falla. Secondo le verifiche dell'azienda, le caselle di posta violate sono quelle i cui titolari non hanno cambiato la password iniziale assegnata dal fornitore. Tutti i responsabili saranno naturalmente denunciati all'autorità giudiziaria”.
Di certo, la vicenda mette in allerta gli avvocati del foro romano -titolari del trattamento di dati personali- tra i quali in pochi ad oggi possono affermare di aver portato a termine compiutamente l’adeguamento al GDPR, e mette sotto il riflettore il delicato tema della cybersecurity: come dichiara Anonymous “nessuno è invulnerabile a questo mondo”.
Il Garante privacy ha avviato l'istruttoria, necessaria ad accertare le relative responsabilità e a prescrivere le misure opportune per limitare i danni suscettibili di derivarne agli interessati.
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