La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non può, pertanto, iniziare un giudizio in persona del proprio ex amministratore, avendo invece facoltà la società incorporante di spiegare intervento in corso di causa, ai sensi dell'art. 105 cpc. Così si è pronunciata la Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 21970, pubblicata il 30 luglio scorso.
Il caso in esame
Una società, cancellata dal registro delle imprese a seguito di fusione per incorporazione in altra società, domandava al giudice di prime cure l'accertamento della simulazione ed in subordine la revoca di due contratti di compravendita aventi ad oggetto il medesimo immobile. Il giudice di primo grado si pronunciava in accoglimento della domanda di simulazione dei due contratti di compravendita. Successivamente, la Corte d'Appello, adita dai soccombenti, escludeva che l'atto introduttivo fosse nullo ovvero inesistente quale conseguenza della cancellazione della società attrice dal registro delle imprese. Avverso la suddetta pronuncia della Corte territoriale, i soccombenti proponevano quindi ricorso in Cassazione, lamentando che l'atto introduttivo e l'intero procedimento fossero inesistenti ovvero viziati da nullità assoluta, in quanto lavocatio in ius proveniva da un soggetto inesistente, poiché la società incorporata era stata già cancellata dal registro delle imprese e, pertanto, sarebbe stata da considerarsi estinta , e non potendo quindi il suo ex amministratore unico agire in giudizio per conto della stessa.
L'istituto della fusione, le due tesi sul destino della società fusa e l'art. 2504 bis c.c
Ai sensi dell'art. 2501 cc, la fusione si attua mediante la costituzione di una nuova società o l'incorporazione in una società di una o più altre, con la conseguenza che i soci proseguono l'attività di impresa, sebbene secondo una diversa struttura organizzativa. Negli anni è sorto un contrasto giurisprudenziale in merito alla sorte, come soggetto dell'ordinamento giuridico, della società fusa che è stata cancellata dal registro delle imprese a seguito della fusione stessa. Una prima tesi abbraccia l'idea che la fusione determini una vicenda evolutivo-modificativa , con sopravvivenzadella società fusa e con la conseguenza che, sul piano processuale, non si verrebbe a determinare alcuna interruzione del giudizio eventualmente in corso. Dall'altro lato, vi è la tesi opposta, secondo la quale a seguito dell'operazione di fusione si verificherebbe l'estinzione della società incorporata, che perderebbe così la propria legittimazione processuale . L'estinzione avrebbe dunque un effetto devolutivo-successivo . Nella sentenza in esame le Sezioni Unite, risolvendo il contrasto giurisprudenziale interpretativo, hanno ritenuto che, a meritare di venire accolta sarebbe proprio questa seconda tesi, anche alla luce di quanto disposto dall'art. 2504 biscc, ai sensi del quale, nell'ipotesi in cui la fusione sia sopraggiunta nel corso di un giudizio già instauratosi, tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società incorporata proseguirebbero in capo alla società incorporante.
Le conclusioni della Suprema Corte
Alla luce delle considerazioni sopra proposte, la Corte Suprema accoglieva il primo motivo di ricorso, statuendo che la società fusa per incorporazione, con contestuale cancellazione dal registro delle imprese, nel momento in cui aveva intrapreso il giudizio sarebbe stata priva di capacità e legittimazione processuale , essendosi già estinta ed avendo, da lungo tempo, i propri organi amministrativi cessati le funzioni di rappresentanza legale . La fusione per incorporazione estingue, pertanto, la società incorporata, impossibilitata quindi a dare impulso a un giudizio in persona del suo ex amministratore, fatta salva la facoltà per la società incorporante di svolgere un intervento volontario in corso di causa ex art.105 cpc
Avv. Andrea Bernasconi e Dott.ssa Evita Zaccaria