Avv. Daniele Franzini
La cartella esattoriale non è qualificabile come atto esecutivo, trattandosi, in realtà, dell’atto conclusivo dell’iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo e che preannuncia l’esercizio dell’azione esecutiva; ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 2304 c.c., il quale disciplina il beneficium excussionis relativamente alla sola fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio, se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1996 del 24.1.2019.
La controversia sottoposta al vaglio della Suprema Corte ha avuto origine dall’impugnazione, da parte del contribuente, di sei cartelle di pagamento a lui notificate da Equitalia, nella sua qualità di socio illimitatamente responsabile di due società in accomandita semplice.
Il contribuente aveva lamentato la violazione del principio del beneficium excussionis per essere state le cartelle di pagamento, quali atti dell’esecuzione, emesse senza il previo infruttuoso esperimento dell’esecuzione nei confronti delle società, nella loro qualità di debitrici principali.
La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso del contribuente, mentre la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la sentenza di primo grado, avendo ritenuto che la cartella non costituiva titolo esecutivo e, conseguentemente, che non vi era stata la violazione del principio del beneficium excussionis.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso del contribuente infondato sulla base dei principi suesposti. Conclusivamente, ha ritenuto legittima la cartella esattoriale notificata ai soci, senza la previa escussione della società quale debitrice principale.
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