Cassazione: anche il datore può agire con rito Fornero per l’accertamento della legittimità del licenziamento

Cassazione: anche il datore può agire con rito Fornero per l’accertamento della legittimità del licenziamento
Tutte le controversie aventi ad oggetto i licenziamenti che ricadono nell'ambito di tutela dell'art. 18 della l. 300/1970, anche se su impulso di parte datoriale, sono assoggettate al c.d. rito Fornero, introdotto dall'art. 1, commi 48 e seguenti, della l. 92/2012 (Sentenza n. 30433 del 23.11.2018).

La fattispecie sottoposta al vaglio della Corte ha ad oggetto il ricorso promosso da una società che, quattro giorni dopo aver intimato il licenziamento per giusta causa al dipendente, propone, con ricorso ex art. 1, comma 48 ss. della l. 92/2012, azione giudiziale di accertamento della legittimità del recesso. La Corte d’Appello dichiara inammissibile la predetta domanda introdotta con il c.d. rito Fornero, sul presupposto che tale procedimento può essere instaurato solo dal lavoratore che ritiene di essere stato illegittimamente espulso dall’azienda. La Suprema Corte nel ritenere fondato il ricorso della società, precisa che “la disciplina contenuta nell'art. 1, commi 48 e ss., tratteggia un procedimento caratterizzato da precise cadenze temporali che assicura alle controversie in essa individuate una corsia di trattazione preferenziale (v. art. 1, comma 65), con il dichiarato fine, di interesse generale, di pervenire alla celere definizione di una situazione sostanziale di forte impatto sociale ed economico, che attiene a diritti primari dell'individuo ( così, in motivazione, Cass. nr. 17326 del 2016)”. Tale principio è evidente, prosegue la Corte, sin dal primo comma dell'art. 1 della legge nr. 92 del 2012 che precisa la finalità della norma tesa «a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico» anche adeguando «la disciplina del licenziamento, con previsione [...] di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie ( art. 1, comma 1, lett. c)».

La Suprema Corte, quindi, afferma il seguente principio: “pur in presenza, all'attualità, della nuova fattispecie decadenziale di cui all'art. 6 della legge nr. 604 del 1966; l'introduzione di termini di decadenza ed inefficacia (per effetto dell'art. 32 della legge nr. 183 del 2010 e successive modifiche ex art. 1 co. 38 della legge nr. 92 del 2012) in precedenza non previsti e funzionali, in aderenza con l'art. 111 Cost., all'esigenza di consolidamento e certezza delle situazioni giuridiche (cfr. in motivazione Cass. nr. 16591 del 2018 e Cass. nr. 22824 del 2015) se idonea, sul piano concreto, a limitare le ipotesi di iniziativa datoriale, non vale ad escludere, in via assoluta e generale, la sussistenza di un interesse, degno di tutela, del datore di lavoro a rimuovere giudizialmente l'incertezza di un provvedimento di recesso, al fine di organizzare stabilmente la propria azienda

Avv. Francesca Frezza

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