Sfruttamento abusivo del marchio sul web

Sfruttamento abusivo del marchio sul web
Avv. Alessandro La Rosa   Solo un controllo effettivo sull'uso del marchio in rete e fonte di responsabilità . Questo il principio espresso dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza resa lo scorso 3 marzo (causa C-179/15). In tale arresto, i giudici comunitari hanno ritenuto che un concessionario automobilistico non poteva essere ritenuto responsabile del fatto che sul web fossero pubblicati annunci che, nel presentarlo quale “officina autorizzata Mercedes-Benz, oltre a fornire un'informazione non più attuale facevano uso del noto marchio "Mercedes-Benz" (di titolarità di Daimler AG). Nel caso di specie, per un periodo di tempo limitato il concessionario in questione aveva legittimamente utilizzato il marchio "Mercedes-Benz" sulla base di un accordo con il titolare dei diritti sullo stesso; accordo che gli consentiva di pubblicizzare in rete la sua attività nei termini indicati ("officina autorizzata Mercedes-Benz"). In vigenza dell'accordo il concessionario aveva commissionato la pubblicazione del detto annuncio su un sito web. Tale annuncio era stato poi autonomamente utilizzato da gestori di altri siti in assenza di qualsiasi autorizzazione- al fine di rendere i medesimi siti più attraenti (per altri inserzionisti). Annunci che venivano anche indicizzati dal motore di ricerca "Google". Successivamente allo scioglimento del rapporto contrattuale con Daimler, il gestore dell'officina aveva tentato di ottenere la cancellazione dell'annuncio dal web, ma senza successo. Daimler ha quindi intimato giudiziariamente al concessionario di far cessare ogni pubblicazione in rete dell'annuncio in questione, ritenendolo di tanto il diretto responsabile. La Corte di Giustizia UE ha confermato l'orientamento espresso in precedenti sentenze rilevando che la diffusione su un sito internet di un annuncio pubblicitario che menzioni un marchio costituisce uso del marchio (secondo quanto previsto dalla Direttiva 2008/95/CE) se l'annuncio è stato commissionato dall'inserzionista ma che, al contrario, non si possono imputare all'inserzionista gli utilizzi del marchio da parte del gestore di un sito precedentemente di tanto incaricato ove il committente ne abbia poi espressamente chiesto la cancellazione né, tantomeno, gli utilizzi di operatori che agiscono in assenza di qualsiasi autorizzazione. Secondo la Corte infatti la nozione di uso del marchio (vietato a chi non ne possa disporre lecitamente) implica un comportamento attivo e un controllo diretto o indiretto sull'atto di utilizzazione: condizioni che non sussistono nell'ipotesi in cui l'operatore del web continui ad usare il marchio senza il consenso dell'inserzionista o, addirittura, contro l'espressa volontà di quest'ultimo. La responsabilità ricadrebbe invece proprio sul gestore del portale web (o del servizio di ricerca) che, venuto a conoscenza del carattere illecito (o non più lecito) di determinati contenuti, non abbia provveduto a rimuoverli. Resterebbe però impregiudicata la possibilità per il titolare della privativa industriale di richiedere all'inserzionista la restituzione di eventuali vantaggi economici derivanti dall'uso del marchio.
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