Un’ordinanza del Tribunale di Roma e una massima del Consiglio Notarile di Firenze sono intervenute di recente a definire con più chiarezza i poteri dei soci di una s.r.l. in relazione alla sfera decisionale del governo societario.
L’intervento del Tribunale di Roma è servito a chiarire a chi spetta la titolarità del diritto di convocare l’assemblea di una società. Il codice civile infatti, nello stabilire le modalità di convocazione (art. 2479bis c.c.), non specifica quali siano i soggetti titolati a indirla. Stando all’interpretazione della Corte, tuttavia, con l’art. 2479 c.c. – secondo cui spetta all’assemblea decidere sugli argomenti sottoposti alla loro approvazione da “tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale” – il Legislatore ha espresso la volontà di attribuire ai soci titolari di una partecipazione pari a 1/3 del capitale sociale il diritto di convocare l’assemblea.
In questo quadro si inserisce anche la massima del Consiglio Notarile di Firenze che ribadisce la “sovranità” dei soci di una s.r.l. anche nelle decisioni riguardanti la gestione della società. Secondo il Consiglio la decisione presa dai soci in assemblea per loro stessa volontà o perché così stabilito dallo statuto, non abbisogna di ulteriori e successive ratifiche da parte dell’organo amministrativo. Nel caso in cui vi sia un consiglio di amministrazione o più amministratori in carica, ai soci spetta, inoltre, la possibilità di decidere quale sia l’amministratore incaricato di dare attuazione alla delibera assunta, se del caso, munendolo dei dovuti poteri di rappresentanza ove ne fossero sprovvisti.
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