Retroversione degli utili ed elemento soggettivo in capo al contraffattore in caso di violazione di una privativa industriale

Retroversione degli utili ed elemento soggettivo in capo al contraffattore in caso di violazione di una privativa industriale
Con ordinanza n. 21832/2021 del 19 maggio 2021, la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha confermato che, in materia di risarcimento del danno cagionato da una violazione di una privativa industriale, l’operatività dell’istituto della retroversione degli utili, disciplinata dal terzo comma dell’art. 125 c.p.i. prescinde sia dalla ricorrenza, nel caso concreto, di un danno risarcibile, sia dalla sussistenza della colpa del contraffattore, essendo sufficiente la  sussistenza, in linea oggettiva, della contraffazione.
Il caso in esame

La vicenda trae origine da una domanda riconvenzionale di accertamento della contraffazione di un brevetto, con conseguente condanna al risarcimento del danno e in ogni caso retroversione degli utili ai sensi dell’art. 125, comma 3, c.p.i., unitamente a una domanda di inibitoria, di ritiro dal commercio del prodotto contraffatto e di pubblicazione della sentenza di condanna.

I primi due gradi di giudizio hanno accolto le domande svolte in via riconvenzionale, salvo divergere in punto pubblicazione del dispositivo della sentenza.

Ciò nonostante, la Suprema Corte è stata chiamata a chiarire quale sia l’effettiva incidenza dei requisiti della colpa, del nesso eziologico e del danno ai fini della condanna alla retroversione degli utili conseguiti dall’autore in caso di violazione di una privativa industriale.

La normativa di riferimento

L’art. 125 comma 1, c.p.i. richiama in linea generale la disciplina civilistica del risarcimento del danno aquiliano, ossia gli artt. 1223 (Risarcimento del danni), 1226 (Valutazione equitativa del danno) e 1227 (Concorso del fatto colposo del creditore) c.c..

Il comma 3 della previsione in esame prevede altresì che il titolare del diritto leso possa “in ogni caso” chiedere la restituzione degli utili realizzati dall’autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura eccedente il lucro cessante.

Nonostante l’evidente impossibilità di ricondurre siffatta retroversione nell’alveo del risarcimento classico, è stato escluso che tale istituto possa configurare un’ipotesi di danni puntivi, dovendo piuttosto essere considerato quale misura rimediale sui generis, di natura mista, compensatoria e dissuasiva, fondata su di un particolare arricchimento ingiustificato (cfr. Cassaz. N. 5666 del 2.3.2021).

L’interpretazione della Corte

La Corte, enunciando il seguente principio di diritto, ha chiarito che, in deroga ai presupposti ordinari del risarcimento di matrice civilistica, la condanna alla retroversione degli utili disciplinata dall’art. 125, comma 3 c.p.i. prescinde dalla prova di un pregiudizio, sotto forma di lucro cessante, in capo al titolare della privativa violata che ha proposto la relativa domanda, attesa la natura più elastica e flessibile del sistema rimediale delle violazioni del diritto d’autore di cui alla novella del 2006.

È stato altresì confermato l’orientamento delle corti di merito secondo cui il concetto di violazione dei diritti di proprietà industriale prescinde dall’elemento soggettivo, atteso che il soggetto contraffattore, quand’anche abbia agito in mancanza di dolo o colpa, è comunque tenuto a restituire al titolare gli utili che ha realizzato nella propria attività di violazione. Di conseguenza, la Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui il titolare di un diritto di privativa, di cui assume la violazione, può domandare la restituzione degli utili ex art. 125 c.p.i. senza che sia necessario allegale specificamente e dimostrare che l’autore della violazione abbia agito con colpa o con dolo.

Avv. Alessandro La Rosa

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