Avv. Andrea Bernasconi
Con sentenza del 19 febbraio 2020, n. 4261, la Corte di Cassazione ha ribadito che in caso di domanda da parte del socio di una società di capitali diretta alla restituzione di somme da lui precedentemente versate in favore della stessa società, egli ha l’onere di dimostrare che detto versamento sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione. Tale prova deve derivare non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è stato registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi.
Occorre pertanto accertare quale sia stata la reale intenzione dei soggetti tra i quali il rapporto si è instaurato, verificando, secondo le regole interpretative della volontà negoziale, se tra socio e società sia intercorso un rapporto di finanziamento inquadrabile nello schema del mutuo o se sia intervenuto un contratto atipico di conferimento di capitale diretto unicamente ad incrementare il patrimonio sociale, poiché solo nel primo caso il socio potrebbe vantare un diritto restitutorio in forza di un rapporto di credito.
In difetto di più specifiche indicazioni circa la natura e le condizioni del finanziamento, la denominazione con cui le somme versate sono state annotate nella contabilità sociale non è di per sé sufficiente per attribuire al versamento una natura piuttosto che un'altra.