Responsabilità della banca intermediaria

Responsabilità della banca intermediaria
Avv. Daniele Franzini Il default di un istituto di credito di altro stato sovrano è un evento certamente non prevedibile, e nulla può fare la banca per evitare la perdita economica dell’investitore allorquando il titolo emesso dall’istituto andato in default sia uscito dal cd. paniere solo dopo la dichiarazione di default. Peraltro, nel caso di specie, l’investitore non poteva essere considerato uno sprovveduto consumatore dal momento che aveva dichiarato un’esperienza nell’investimento molto alta, con una propensione al rischio media e un lungo termine nell’orizzonte temporale, e aveva investito un capitale ingente in un paniere azionario di grande spessore e qualità. Lo ha stabilito il Tribunale di Padova, sez. II, con propria sentenza pubblicata il 18.2.2017. Con tale pronuncia, il Tribunale di Padova ha deciso in senso sfavorevole agli investitori la domanda da questi promossa contro un istituto di credito presso cui i medesimi investitori avevano acquistato uno strumento finanziario (obbligazioni) denominato Glitnir, emesso da una banca Islandese andata di poi in default ed inizialmente ricompreso nel paniere del titoli segnalati dal Consorzio Patti Chiari quali titoli a basso rischio/basso rendimento. Più nello specifico, gli investitori avevano lamentato – in via principale - la responsabilità della banca per inadempimento degli obblighi di informazione continua di natura convenzionale in relazione al contratto di investimento/ordine di acquisto e, in subordine, la responsabilità precontrattuale, ex art. 1337 e 1176 c.c, e/o contrattuale, ex art. 1218 c.c., per violazione delle norme di cui agli artt. 21 e ss. del TUF e degli artt. 27 e ss. del Reg. Consob 16190/07. Senonché, il Tribunale di Padova ha ritenuto infondate quelle doglianze, anzitutto, perché dalla documentazione allegata emergeva una profilatura degli investitori (esperienza in investimenti ad alto rischio) che nulla aveva a che vedere con quanto da questi ultimi dedotto in citazione e negli scritti successivi (laddove si erano invece definiti inesperti) e poi perché l’estratto conto del deposito titoli parimenti acquisito agli atti del processo aveva disvelato un paniere di titoli azionari decisamente incompatibile con un profilo di basso rischio. A tale ultimo riguardo, l’estensore della sentenza in commento ha opportunamente considerato che un paniere azionario per un complessivo controvalore (tra azionario ed obbligazionario) di oltre € 520.000,00 è in netta antitesi con il concetto di investitore sprovveduto e “cozza contro l’id quod plerumque accidit”, tanto da “concludere che gli attori non siano certamente dei consumatori sprovveduti, ma al contrario degli esperti investitori che si orientano anche nello speculativo mercato azionario”. La produzione documentale, ed in particolare il contratto quadro donde si ricavava che “Il cliente prende atto che l’attività di cui al presente contrato non comporta, in ogni caso, alcuna garanzia per il cliente stesso di mantenere invariato il valore degli investimenti effettuati”, ha poi rivestito un ruolo decisivo anche per dar modo al Tribunale Padovano di smentire “qualsiasi asserita idea che gli attori avessero investito in prodotti equivalenti ai BOT statali o comunque in strumenti che garantissero una qualche forma rendita garantita”; e ciò, sulla scorta del rilievo secondo cui “il contratto sottoscritto dà atto che gli attori abbiano ricevuto tutta la documentazione contrattuale sicché l’unico motivo per il quale potrebbero non aver compreso i rischi collegati all’investimento che stava ponendo in essere può essere legato solo all’omessa lettura della stessa, ma in quel caso imputet sibi”. La sentenza oggetto d’analisi ha poi correttamente dato atto: (i)che il motivo per il quale gli attori hanno visto sfumare l’investimento è il default di un istituto di credito di altro stato sovrano sicché l’evento non era certamente prevedibile come potrebbe essere la svalutazione di una delle tante azioni che gli attori avevano nel loro paniere titoli custodito presso la banca convenuta che si caratterizzano per essere delle forme di investimento di pura speculazione”; (ii) che “il prodotto che gli attori hanno acquistato dalla convenuta fosse contenuto nel cd. paniere del “Consorzio Patti Chiari”; (iii) che “quel titolo uscì dal paniere Patti Chiari addirittura dopo la dichiarazione di default della banca islandese”. Sulla scorta di quei presupposti, il Tribunale di Padova ha dunque opportunamente concluso che “pur eseguendo con il massimo scrupolo il proprio dovere di vigilanza ed informazione, nulla avrebbe potuto fare la banca per evitare la perdita economica degli attori visto che avrebbe potuto avvisarli dell’evento infausto solo dopo che esso si fosse verificato”, all’uopo aggiungendo che “Se anche l’avviso fosse stato dato entro il termine contrattualmente previsto di due giorni, esso sarebbe arrivato a cose fatte e nulla si sarebbe potuto porre in essere per evitare l’evento”.
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