Ordine di esecuzione

Ordine di esecuzione
Avv. Daniele Franzini Non rientra nella nozione normativa di istruzione vincolante, ex art. 24 T.U.F., l’ordine di investimento che vada ad alterare le caratteristiche della gestione del contratto in essere, giacché un ordine di tal genere integra, di contro, un contratto sostitutivo di aspetti fondamentali e caratterizzanti di quello in essere che, in quanto tale, è assoggettato – tra l’altro - alle disposizioni generali dell'art. 23 T.U.F. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione, con la recente sentenza del 3.5.2017, n. 10713. Nel caso di specie, le clienti della banca hanno proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte territoriale (conformemente al Giudice di prime cure) aveva respinto, in particolare, la domanda di nullità o inefficacia con connesse restituzioni, o in subordine di risoluzione per inadempimento con conseguente risarcimento, di un “ordine di investimento” formato, nell'ambito di un rapporto di gestione individuale di portafogli di investimento, da circa un anno corrente tra le stesse e la banca. Con la pronuncia in commento, la Corte ha delineato i confini della nozione di ordine di esecuzione, limitandone la portata ermeneutica; la ratio di tale operazione sta proprio nella principale funzione della normativa di riferimento del T.U.F. e del Regolamento Consob n. 11522/1998, ovvero la protezione del cliente. Tale esigenza porta, quindi, a distinguere tra ordini di esecuzione, che si inseriscono nell’alveo tracciato dal contratto-quadro, e ordini che, invece, producono come effetto una linea di gestione radicalmente diversa. Nella prima ipotesi l’ordine resta tale e non può ex se essere oggetto di domande di risoluzione o di nullità, atteso che un’istruzione vincolante che si pone nel solco tracciato dal contratto-quadro non necessita di una forma particolare, ovvero di un particolare avvertimento al cliente sulla gravità e novità dell’impegno assunto, proprio perché non si discosta dal contenuto del precedente contratto, con cui già è stato assolto l’onere della forma. Nel secondo caso, invece, tale automatismo non opera e occorre, a parere della Corte, attuare una procedimentalizzazione dell’attività, giacché tali gli ordini risultano funzionali all’adozione di una nuova linea di investimento e rappresentano veri e propri contratti, caratterizzati da maggiore significato e portata, che necessitano, pertanto, del requisito di cui all’art. 23 TUF, per segnalare al cliente la maggiore gravità dell’impegno che sta per assumere, anche se è stato lo stesso investitore a proporlo.
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