Non è nullo il licenziamento se la gravidanza è insorta durante il periodo di preavviso

Non è nullo il licenziamento se la gravidanza è insorta durante il periodo di preavviso
Avv. Francesca Frezza lo stato di gravidanza, insorto durante il periodo di preavviso, non è causa di nullità del licenziamento ai sensi dell'art. 54 cit. ma costituisce evento idoneo, ai sensi dell'art. 2110 c.c., a determinare la sospensione del periodo di preavviso. La Corte d'appello di Ancona, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda di una lavoratrice che aveva rivendicato la nullità del licenziamento per violazione dell'art. 54, D.Lgs. n. 151 del 2001. La Corte territoriale aveva ritenuto che il licenziamento, intimato per motivo oggettivo, si fosse perfezionato alla data di ricevimento da parte della lavoratrice della relativa lettera, sebbene l'efficacia dello stesso fosse stata posticipata alla scadenza del periodo di preavviso; aveva individuato il momento di inizio dello stato oggettivo di gravidanza in base alla documentazione medica in atti e alla c.t.u. svolta in primo grado, anziché secondo la presunzione legale di cui all'art. 4, D.P.R. n. 1026 del 1975, adoperata dal Tribunale e riferita a trecento giorni prima della data presunta del parto; aveva accertato come l'inizio dello stato oggettivo di gravidanza risalisse alla data successiva all'intimazione del recesso. Avverso tale sentenza la lavoratrice proponeva ricorso per cassazione che con sentenza n. 9268 del 3 aprile 2019, respingeva il ricorso affermando che il licenziamento intimato durante lo stato di gravidanza rientra nel divieto posto dal citato art. 54 che ne sancisce la nullità, mentre la gravidanza intervenuta nel corso del periodo di preavviso "lavorato", come nel caso di specie, è attratta nella disciplina dell'art. 2110 c.c. e comporta gli effetti sospensivi ivi previsti. La Corte, richiamando il proprio orientamento consolidato, ha precisato che il licenziamento, come negozio unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del datore di lavoro recedente giunge a conoscenza del lavoratore, anche se l'efficacia - vale a dire la produzione dell'effetto tipico, consistente nella risoluzione del rapporto di lavoro - viene differita ad un momento successivo. Da tali premesse, prosegue la Corte, discende che la verifica delle condizioni legittimanti l'esercizio del potere di recesso deve essere compiuta con riferimento al momento in cui detto negozio unilaterale si è perfezionato e non già con riguardo, ove il licenziamento sia stato intimato con preavviso, al successivo momento della scadenza del preavviso stesso (Cass. n. 15495 del 2008 in motivazione n. 874 del 1999). La Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione della Corte di merito che si è attenuta ai principi appena enunciati ed ha escluso la nullità del licenziamento, ai sensi dell'art. 54, D.Lgs. n. 151 del 2001, sul rilievo che al momento in cui lo stesso è stato intimato e si è perfezionato la lavoratrice non si trovasse oggettivamente in stato di gravidanza, sulla base della formulazione letterale dell'art. 54 cit., comma 5, che sancisce la nullità del licenziamento per violazione del relativo divieto avendo riguardo al momento in cui lo stesso è "intimato" (dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro nonché fino al compimento di un anno di età del bambino) e non al momento di produzione degli effetti”.
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