La Cassazione con la sentenza n. 17539/2016 del 2 settembre scorso ha stabilito che l’agente di commercio può recedere per giusta causa in ragione dell’atteggiamento dell’amministratore delegato (mancata consegna del materiale, rifiuto di incontrarlo, incarichi nelle zone più lontane) avendo comunque il diritto a essere interamente risarcito del minimo provvigionale garantito e previsto per il futuro dal proprio contratto. La decisione degli “Ermellini” pone sul tavolo due principi importanti: il primo in fatto di recesso per giusta causa ed il secondo con riferimento al risarcimento di un minimo garantito qualificato in termini di mancato guadagno e non alla stregua di una perdita di chance. Quanto al recesso, ha avuto la meglio un’interpretazione “elastica” del concetto di giusta causa nel contratto di agenzia ove il vincolo fiduciario assume maggiore intensità rispetto al lavoro subordinato con la conseguenza che un atteggiamento del management della società volto all’isolamento dell’agente può essere letta come una condotta ostruzionistica tendente all’estromissione dell’agente. Quanto al minimo garantito, lo stesso quando previsto contrattualmente viene considerato un mancato guadagno (quasi) certo, indipendentemente dal volume di provvigioni effettivamente conseguito dall’agente al momento del recesso, anche se inferiore a quello minimo stabilito nel contratto. La Corte ha poi stabilito il pagamento dell’indennità di fine rapporto maturata a favore dell’agente. La decisione impone cautela nella predisposizione di una clausola di minimo provvigionale garantito all’agente, potendosi contrattualmente escluderne la corresponsione nel caso in cui vi fosse un recesso anche per giusta causa.
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