I non-fungible tokens - acronimo NFTs - hanno recentemente guadagnato molta attenzione poiché servono quale metodo di trasferimento di opere d’arte digitali. Il mercato degli NFTs è cresciuto da 13,5 milioni di dollari nei primi sei mesi del 2020 ed ha raggiunto i 2,5 miliardi di dollari nella prima metà del 2021, prospettando, dunque, una crescita esponenziale.
I “Non-fungible tokens”
I tokens rappresentano una forma crittografata di beni immateriali registrata su una tecnologia c.d. Distributed Ledger (DLT) come può essere, ad esempio, un sistema blockchain. Si tratta, dunque, di un registro digitale che incorpora ogni informazione relativa al bene immateriale ovvero alla sua emissione, al suo valore e alla sua circolazione. In altre parole, i NFTs valgono quali veri e propri certificati di beni immateriali. Rispetto ad altri tokens, i NFTs sono unici ed indivisibili ovvero possono essere posseduti soltanto da una persona/entità (da qui la dizione “non-fungible”). È proprio la tecnologia blockchain che consente ai NFTs di mantenere la prerogativa di unicità ed indivisibilità, ciò indipendentemente dalla loro natura digitale. Un software c.d. smart contract registrato sulla blockchain assicura, invece, che i NFTs non possano essere duplicati o divisi.
Iniziative legislative europee
Il legislatore europeo sta attualmente predisponendo un regolamento che coinvolgerà anche i NFTs: il Markets in Crypto-assets Regulation (“MiCA”), la cui entrata in vigore è prevista per il 2024. La proposta legislativa intende armonizzare la regolamentazione relativa a tutti i beni che si configurano in termini di “rappresentazione digitale di valore o diritti che possono essere trasferiti e archiviati elettronicamente, utilizzando registri distribuiti o tecnologie simili”. L’attuale bozza del MiCA prevede che i titolari dei NFTs non siano assoggettati ad obblighi di licenza. D’altra parte, tale bozza include una serie di obblighi di diligenza, ovvero:
- agire in modo onesto, equo e professionale;
- prevenire, identificare, gestire e divulgare eventuali conflitti di interesse che potrebbero sorgere;
- conformare i sistemi e i protocolli di accesso di sicurezza secondo gli standard appropriati dell’Unione.
Il caso dell’opera di Rembrandt
L’ascesa dei NFTs ha portato con sé nuove sfide normative e dato luogo a contestazioni in materia di diritto d’autore. Il Rijksmuseum, infatti - che nel corso della pandemia Covid-19 aveva digitalizzato la sua collezione d’arte - ha visto “tokenizzata” una delle sue opere più famose da parte del Global Art Museum (“GAM”), “La Ronda di Notte” del pittore Rembrandt. Il GAM ha poi commercializzato tale opera sul web sotto forma di NFT senza autorizzazione o previo accordo con il Rijksmuseum. Il Rijksmuseum ha immediatamente provveduto alla denuncia di tale condotta abusiva; l’accusa però non ha avuto alcun seguito dal momento che le opere d’arte del Rijksmuseum erano già di dominio pubblico e, dunque, prive di qualunque legittimazione a forme di privativa autorale. Il caso risulta tuttavia interessante. Infatti, qualora le opere d’arte “tokenizzate” fossero risultate protette da diritti d’autore si sarebbe certamente posto il problema della necessità di ottenere un’autorizzazione alla “tokenizzazione” da parte del titolare dei diritti di privativa autorale.
Profili di responsabilità: i criteri della CGUE
Andiamo più nel dettaglio. Se il GAM avesse archiviato sul proprio computer una copia dell’opera digitalizzata “La Ronda di Notte” ottenuta tramite il sito web del Rijksmuseum e avesse, poi, inserito tale copia sulla blockchain come NFT, tale condotta avrebbe potuto configurarsi quale attività di riproduzione abusiva, potenzialmente in violazione del copyright. In altre parole, il trasferimento di un NFT può, a seconda della legalità del contenuto cui si riferisce l’hyperlink, costituire “un atto di comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva 2001/29/CE. Questo, a sua volta, si traduce in una violazione del diritto d’autore, in assenza di apposita autorizzazione da parte del legittimo proprietario.
Ed infatti la Corte di giustizia dell’Unione europea, nella causa C‑466/12 Svensson/Retriever, ha concluso nel senso che: “la fornitura su un sito web di collegamenti cliccabili ad opere liberamente disponibili su un altro sito web non costituisce un atto di comunicazione al pubblico”. Tuttavia, se tale collegamento ipertestuale si riferisce a una pagina web legalmente accessibile solo agli utenti abbonati, il trasferimento dell’NFT a un terzo può costituire un atto di comunicazione al pubblico. La CGUE si è espressa definendo che fattore decisivo risiede nel perseguimento di un profitto attraverso l’uso di questo collegamento (inter alia, si vedano le sentenze CGUE C‑160/15, Media/Sanoma eC‑610/15, Stichting Brein/Ziggo).
Applicando queste regole al caso del GAM, quest’ultimo avrebbe potuto violare i diritti di copyright sussistenti in capo al Rijksmuseum soltanto se, a seguito di autorizzazione ad accedere legalmente all’opera d’arte digitalizzata tramite un abbonamento al sito web del Rijksmuseum, avesse inserito il collegamento ipertestuale su un certificato NFT e lo avesse, poi, trasferito permettendo l’accesso a terzi (non abbonati). Per evitare tali situazioni una soluzione potrebbe essere quella di definire accordi con il proprietario del sito web convenendo sulle royalties nello smart contract che disciplina la transazione NFT.
Nel caso prospettato il GAM aveva dichiarato in un comunicato stampa che la pubblicazione dell’opera d’arte aveva unicamente scopi pubblicitari e che, pertanto, non intendeva trarre profitto dalla vendita di questi NFTs.
Avv. Alessandro La Rosa e Dott.ssa Manuela Fogli