La Cassazione sul diritto all'immagine delle celebrità

La Cassazione sul diritto all'immagine delle celebrità
Avv. Flaviano Sanzari La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1875 del 2019, ha accolto il ricorso di un noto personaggio dello spettacolo contro una casa editrice per la pubblicazione di alcuni scatti “rubati” con la compagna all'interno della sua villa. Con la suindicata sentenza, la Cassazione ripercorre i principi giurisprudenziali in materia di diritto all'immagine delle celebrità. La sentenza della Corte d’Appello, oggetto di impugnazione, aveva infatti affermato che chiunque pubblichi abusivamente il ritratto di una persona nota è tenuto al risarcimento del danno, la cui quantificazione deve essere operata tenendo conto più che della lesione al diritto alla riservatezza, in sé considerato, delle cause di detta notorietà, poiché se questa consegue ad esercizio di un’attività (nella specie nel campo dello spettacolo) cui si ricollega la consuetudine dello sfruttamento rimunerato dell’immagine, l’abusiva pubblicazione determina un danno di natura patrimoniale, comportando il venir meno per l’interessato della possibilità di offrire l’uso del proprio ritratto per pubblicità di prodotti o servizi analoghi e d’altra parte difficoltà a commercializzare al meglio la propria immagine anche con riferimento a prodotti e servizi del tutto diversi. La Corte d’Appello aveva però escluso la concreta esistenza di un nocumento patrimoniale, in quanto era ben noto che l’attore in questione avesse – per il tramite del suo portavoce – espressamente escluso il consenso alla pubblicazione di immagini della propria vita privata, cosicché si sarebbe negata la stessa possibilità dello sfruttamento economico dei ritratti. La Suprema Corte ha invece chiarito – applicando un ulteriore principio, in conformità alla precedente sentenza n. 22513 del 2004 - che “l’abusiva pubblicazione, quando comporta la perdita, da parte del titolare del diritto, della facoltà di offrire al mercato l’uso del proprio ritratto, dà luogo al corrispondente pregiudizio. Tale pregiudizio non è poi escluso dall’eventuale rifiuto del soggetto leso di consentire a chicchessia la pubblicazione degli specifici ritratti abusivamente utilizzati, atteso che per un verso detto rifiuto non può essere equiparato ad una sorta di abbandono del diritto, con conseguente caduta in pubblico dominio, in quanto nella gestione del diritto alla propria immagine ben si colloca la facoltà, protratta per il tempo ritenuto necessario, di non pubblicare determinati ritratti, senza che ciò comporti effetto ablativo [..] con la conseguenza che lo sfruttamento abusivo del ritratto, in quanto frustrante della predetta strategia generale che solo al titolare del diritto spetta di adottare, può risultare fonte di pregiudizio ben più grave di quello corrispondente al valore commerciale della specifica attività abusiva, il cui risarcimento ben può essere effettuato in termini di perdita della reputazione professionale, ove questa sia allegata in giudizio, da valutarsi caso per caso dal giudice di merito nei limiti della ricchezza non conseguita dal danneggiato, ovvero anche con il ricorso al criterio di cui all’art. 1226 c.c.” Per quanto concerne la tecnica liquidatoria del danno patrimoniale, si afferma il principio (già stabilito con la sentenza n. 12433 del 2008) secondo cui “l’illecita pubblicazione dell’immagine altrui obbliga al risarcimento anche dei danni patrimoniali, che consistono nel pregiudizio economico di cui la persona danneggiata abbia risentito per effetto della suddetta pubblicazione e di cui abbia fornito prova. In ogni caso, qualora non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, la parte lesa può far valere il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente richiesto per concedere il suo consenso alla pubblicazione, determinandosi tale importo in via equitativa, avuto riguardo del vantaggio economico conseguito dall’autore dell’illecita pubblicazione e ad ogni altra circostanza”.
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