Il Giudice deve procedere ad una enunciazione specifica dei criteri applicati ai fini della quantificazione equitativa del danno da lesione alla professionale

Il Giudice deve procedere ad una enunciazione specifica dei criteri applicati ai fini della quantificazione equitativa del danno da lesione alla professionale
Avv. Francesca Frezza La liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. 'pura ', consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell'esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato in motivazione, a rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell'integralità del risarcimento. La Corte è chiamata a decidere il caso di un dirigente, dipendente di un’azienda di telefonia, che lamentava di essere stato adibito a mansioni non corrispondenti al proprio ruolo. Il lavoratore otteneva dal Tribunale di Roma il riconoscimento della sussistenza di una dequalificazione a causa della quale la società datrice di lavoro veniva condannata al risarcimento del danno nella misura del 50% della retribuzione fino alla cessazione del rapporto. La Corte di Appello capitolina, in parziale accoglimento del gravame formulato dalla società, riduceva l’ammontare del danno determinato in via equitativa nella misura del 30%  richiamando la prassi della giurisprudenza della Corte. La Cassazione, con sentenza n. 16595 del 20 giugno 2019, nel richiamare i principi in tema di danno alla professionalità, ha accolto il ricorso formulato dal lavoratore affermando che  in sede di valutazione equitativa il magistrato è tenuto ad un prudente esercizio, rispetto al quale deve fornire una motivazione  che consideri tutte le circostanze del caso specifico, onde di ristorare il pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato. La Corte ha, infatti, precisato che “al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, è necessario quindi che il giudicante indichi, almeno sommariamente e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti per determinare l'entità dei danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine ai "quantum". La Suprema Corte ha, quindi, ritenuto che la decisione della Corte di Appello abbia effettuato una motivazione meramente apparente nel ridurre l’ammontare del danno limitandosi ad un mero richiamo alla prassi del distretto, senza procedere ad una enunciazione più specifica dei criteri applicati né all'adeguamento della liquidazione alle particolarità del caso concreto.
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