Il compenso dell’amministratore di società è dovuto anche in caso di inerzia dello stesso nel richiederlo: Cassazione n. 21172/2021

Il compenso dell’amministratore di società è dovuto anche in caso di inerzia dello stesso nel richiederlo: Cassazione n. 21172/2021
La Cassazione ha affermato che la rinuncia, attraverso una condotta omissiva, all'emolumento da parte dell'amministratore di una società di capitali non può assumere il significato di una manifestazione di volontà, essendo necessario che la rinuncia al diritto sia dedotta da circostanze esteriori che conferisce alla condotta omissiva un preciso significato negoziale.
Il caso 

L'amministratore di una società di capitali ricorreva in Cassazione avverso la sentenza della Corte distrettuale, per avere quest'ultimo qualificato come comportamento concludente il fatto che l'odierno ricorrente non avesse mai fatto richiesta di ricevere il compenso nell'arco del suo mandato di amministratore. Secondo il ricorrente, i giudici di secondo grado di giudizio avrebbero altresì omesso di verificare se effettivamente vi fosse stata una rinuncia al compenso ed altresì avrebbe potuto travisato un fatto decisivo, quale la delibera assembleare , in cui era stato deliberato di rinviare alla successiva adunanza “ la delibera circa il compenso spettante all'amministratore delegato”.

La fattispecie del silenzio giuridicamente rilevante 

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio già consolidato dalla giurisprudenza, secondo cui per assumere valore negoziale , un'eventuale rinuncia tacita deve essere sorretta da un comportamento concluso del titolare, che possa manifestare l'effettiva volontà dismissiva del diritto. Di tutt'altro significato è, invece, la mera inattività , qualificabile come silenzio semplice, da cui deriverebbe una condotta giuridicamente non significativa, alla quale non potrebbe pertanto attribuirsi un significato negoziale.

La conclusione della Corte

La Cassazione ha ritenuto che la condotta meramente omissiva dell'amministratore non avrebbe potuto assumere il significato di una manifestazione di volontà solo perché vi sia stata una mancata previsione del compenso a lui spettante nel verbale di assemblea. Pertanto, i giudici di legittimità hanno accolto i motivi di ricorso, ritenendo che, al fine di stabilire un eventuale comportamento conclusivo del titolare che manifesti la sua volontà di rinunciare al diritto, si dovrebbe fare riferimento a circostanze esteriori che non hanno un significato negoziale , non essendo sufficiente, nel caso in esame, la mera mancata richiesta, da parte dell'amministratore, del compenso a lui spettante, ancorché perpetrata per anni.

 

Avv. Andrea Bernasconi e Dott.ssa Evita Zaccaria

Newsletter

Iscriviti per ricevere i nostri aggiornamenti

* campi obbligatori