Avv. Alessandro La Rosa
Spesso i soggetti dediti alla pirateria digitale tentano di superare i blocchi ai siti web imposti dalle Autorità giudiziarie ed amministrative ai fornitori di accesso alla rete, attraverso la creazione di nuovi siti web accessibili attraverso nomi di dominio di primo o di secondo livello parzialmente diversi da quelli raggiunti dagli ordini di blocco, a cui questi ultimi reindirizzano: tali siti, di fatto, riproducono integralmente i contenuti di quelli inizialmente bloccati e, per questo, si suole definirli siti “mirror”.
La Commissione Europea con la “comunicazione COM(2017) 708” del 29.11.2017, ha fornito delle linee guida all’interpretazione della Direttiva 2004/48/CE (c.d. Enforcement) riconoscendo espressamente l’ammissibilità di ordini inibitori specificamente rivolti ad impedire gli effetti del mirroring dei siti pirata e dando atto del fatto che gli ordini inibitori, in taluni casi, possono “perdere efficacia a causa di alcune modifiche dell’oggetto per il quale il provvedimento è stato disposto. Può essere il caso, ad esempio, delle ingiunzioni di blocco di un sito web, allorché, mentre un'autorità giudiziaria competente ha emesso un'ingiunzione con riferimento a determinati nomi di dominio, possono apparire facilmente siti speculari sotto altri nomi di dominio che non sono pregiudicati dall'ingiunzione. Una possibile soluzione in questi casi è rappresentata dalle ingiunzioni dinamiche. Si tratta di ingiunzioni che possono essere emesse, ad esempio, nei casi in cui lo stesso sito web diventa disponibile immediatamente dopo l'emissione di un'ingiunzione con un indirizzo IP o un URL differenti, che sono formulate in modo tale da includere anche il nuovo indirizzo IP o l'URL senza che si renda necessario un nuovo procedimento giudiziario per ottenere una nuova ingiunzione”. Poco dopo, il 21 dicembre 2017, la High Court of Justice of England and Wales ha confermato quanto già precedentemente stabilito dalla High Court of Justice Chancery Division (“HCJ”) su un caso in cui la Football Association Premier League Limited (seguita poco dopo su una simile iniziativa da “UEFA”), titolare dei diritti sulle riprese delle partite della Premier League, chiedeva l’adozione un ordine di blocco dei c.d. “streaming servers” rivolto ai maggiori fornitori di servizi di connettività inglesi (tra cui British Telecommunication PLC e Sky Uk Limited).
La particolarità delle decisioni della HCJ concerne la soluzione tecnica accordata ai titolari dei diritti: l’injunction, infatti, non ha ad oggetto (come in passato) i singoli siti web pirata, bensì direttamente i server dai quali proviene lo streaming illecito dei contenuti. L’ordine di blocco, che la stessa HJC ha definito come “live blocking order”, ha ad oggetto cioè gli indirizzi IP specificamente utilizzati dai gestori degli “streaming server” in occasione di ogni match calcistico; indirizzi IP che dovranno essere “sbloccati” una volta terminato l’incontro di calcio. In questo modo, essendo il blocco limitato alla durata delle partite, esso non andrà ad incidere sulla libertà d’impresa degli access provider, i quali si potranno avvalere di tecnologie già a loro disposizione, senza dover affrontare alcun costo ulteriore. Dall’altro, il titolare dei diritti riceverà una tutela immediata ed efficace.
In tale contesto ben si collocano, quindi, sia gli ordini di sequestro più volte disposti dall’Autorità giudiziaria penale italiana con oggetto non solo il nome a dominio attuale di un dato sito pirata ma anche i “relativi alias e nomi di dominio presenti e futuri, rinvianti al sito medesimo”, sia la recentissima proposta di modifica di AGCOM al Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore di cui alla delibera n. 680/13/CONS che, appunto, prevede procedure di blocco particolarmente celeri nei casi di reiterazione di violazioni già accertate, anche attraverso siti web che costituiscono una mera riproduzione di quelli già oggetto di precedenti ordini di blocco. In ambito internazionale, si segnala che anche la Russia ha recentemente adottato regole specifiche per contrastare il diffuso fenomeno dei siti pirata “mirror” con decreto 1225 del 7 ottobre 2017: tale strumento normativo consente ai titolari dei diritti di ottenere misure di blocco dei siti “mirror” senza la necessità di ottenere, ogni volta, nuovi ordini dell’Autorità giudiziaria (con il risultato che dall’entrata in vigore del citato decreto sono già stati bloccati più di 500 siti).
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