Avv. Daniele Franzini
In caso di espropriazione immobiliare intrapresa dall’istituto di credito mutuante, in forza di cambiale rilasciata dal soggetto mutuatario a garanzia dell’esatto adempimento di un contratto di finanziamento, la cambiale medesima costituisce idoneo titolo esecutivo soltanto se in regola con l’imposta di bollo.
Non costituisce, quindi, valido titolo esecutivo la cambiale rilasciata dal soggetto mutuatario non in regola con l’imposta di bollo.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 3792 del 14 febbraio 2017.
Gli Ermellini hanno, altresì, chiarito che – per la verifica della regolarità della cambiale ai fini dell’imposta di bollo - è necessario distinguere tra operazioni di finanziamento finalizzate ad investimenti finanziari e contratti di finanziamento stipulati per esigenze familiari.
La normativa di riferimento è contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 29 settembre 1973 (recante “Disciplina delle agevolazioni tributarie”), il cui Titolo IV è dedicato alle “Agevolazioni per il settore del credito”.
In particolare, l’art. 15 prevede per le operazioni di credito a medio e lungo termine, nonché per “tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti, nonché alle successive cessioni dei relativi contratti o crediti e ai trasferimenti delle garanzie ad essi relativi” una serie di agevolazioni fiscali, consistenti, nello specifico, nella esenzione dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative.
Nel decidere il ricorso proposto da un istituto di credito avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Lecce a definizione di un’opposizione all’esecuzione proposta dal debitore ai sensi dell’art. 615 c.p.c., la Suprema Corte ha previamente individuato l’ambito di applicazione dell’art. 15 del D.P.R. 601/1973, stabilendo che le operazioni di finanziamento cui si applica la citata disposizione normativa sono quelle che si traducono nella provvista di disponibilità finanziarie, cioè nella possibilità di attingere denaro da impiegare in investimenti produttivi.
Viceversa, il negozio complesso avente ad oggetto l’erogazione di una somma di denaro a titolo di mutuo e la contemporanea costituzione su essa di un pegno ovvero il contemporaneo rilascio di una garanzia a favore della banca erogatrice, non consentendo un investimento produttivo della somma medesima, esula dall’ambito applicativo del menzionato art. 15.
Conseguentemente, secondo il dictum dei Supremi Giudici, la cambiale rilasciata dal soggetto mutuatario a garanzia dell’esatto adempimento di un contratto di finanziamento stipulato per esigenze familiari (ovvero per finalità diverse dall’impiego della somma mutuata in investimenti finanziari) non gode del trattamento fiscale agevolato previsto dall’art. 15 del D.P.R. 601/1973.
Pertanto, la cambiale, se non in regola con l’imposta di bollo, non costituisce titolo esecutivo idoneo a fondare l’esecuzione forzata.
L’eventuale pignoramento dell’immobile del soggetto mutuatario, eseguito dall’istituto mutuante in virtù della cambiale non in regola con l’imposta di bollo, deve, quindi, essere dichiarato inefficace.
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